venerdì 29 giugno 2007

il sogno di una cosa

ci sono cose che proprio non sopporto.
una di queste è l'ipocrisia, plateale, e ancor peggio se supportata da arroganza e superficialità.
tutte qualità che vedo e sento sbandierare quando si parla di veltroni, che non intendo difendere, ma solo restituire un briciolo di sensatezza al dibattito. sono pretenzioso, lo so.
esemplare la puntata di otto e mezzo di mercoledì 27 giugno. titolo: la destra dopo veltroni. oltre agli ospiti in studio (adornato, veneziani e alemanno), in collegamento da milano c'era una eletta della lega nord della quale ho pietosamente dimenticato il nome. quest'ultima assommava all'ennesima potenza tutto ciò di cui sopra.
parlando in nome della "gente del nord", la biondocrinita azzurrocchiuta, sottolineava sprezzante che veltroni "è diplomato in cinematografia" (sarà poi vero?) ma la politica è un'altra cosa, che la "gente del nord" è "pragmatica", e insomma venga veltroni a parlare nelle "piazze del nord" se ha il coraggio, che sarà pure bravo in "storia del cinema", ma la sicurezza, l'immigrazione, la lega è "la vera rivoluzionaria" che dice quello che pensa la "gente del nord"...
in studio, si sono limitati a ribadire che veltroni copia il programma della destra imitando berlusconi. quindi abbassare le tasse (silenzio sul "farle pagare a tutti") e tante altre belle chiacchiere sono creazioni mirabili dall'amato cavaliere, non i principi costituzionali di equità da sempre negati dallo stato italiano.
ora, veramente, mi girano le palle a forte velocità, che con 'sto caldo non mi dispiace, fanno aria, però non se ne può più di discussioni che non hanno argomenti ma luoghi comuni infondati, di propaganda cazzona basata sull'assunto becero che "le persone serie non perdono tempo con le arti", che il lavoro, che la sicurezza, al centro dell'esistenza e la cultura è roba da bambinoni idioti che non sanno stare al mondo.
forse la deputata leganordista ignora che la "gente del nord" va moltissimo al cinema, fa code alle mostre di pittura e ai concerti, magari solo per vantarsi dei esserci stata, ma sono cose che fa. ignora che esiste un profondo legame tra cultura e politica, tra Thomas More, Spinoza, Diderot e persone stolte, aride e presuntuose come lei che ignorano il valore dell'onestà intellettuale e sbattono faccia a terra quella politica che avrebbe invece bisogno di essere nobilitata.
e ignora certo che la "gente del nord" si abbuffa di alcol, frequenta siti reali e virtuali equivoci per trovare più facilmente sesso e "trasgressione", che gli immigrati se li porta a letto e lungo le strade, che tiene vivo e fiorente il mercato delle droghe. venga lei nel parcheggio del motel 2000 a trezzano sul naviglio o in via pollaiuolo a milano a fare la conta e stilare elenchi e statistiche di chi vende e compra e scambia cose e persone. ignora che magari, ci fossero film migliori, più musica, più mostre, strade migliori, mezzi di trasporto dignitosi ecc.ecc. la "gente del nord" vivrebbe e lavorerebbe meglio. e al nord vogliono farla da "padroni" - "padroni a casa nostra", slogan di indimenticabile bestialità - loro, e lo stanno facendo da anni. i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
bravi.

mercoledì 27 giugno 2007

dino risi e l'allunaggio

cielo terso, quartiere isola a milano, nuvole di polistirolo stagliate in rilievo sull'azzurro, poco più in là invece riccioli sfilacciati e oleosi, quasi grigi, e nel vento fresco l'eco di un temporale forse in brianza
avevano detto che da oggi le temperature sarebbero calate
l'appuntamento è saltato all'ultimo minuto. mi fermo a pranzo al nordest café, parcheggio la moto sul marciapiede accanto ai tavoli, lasciandola affondare lentamente nell'asfalto caldo e carnoso. guardo affettuosamente i miei guanti ridotti a brandelli che non mi proteggerebbero nemmeno da uno starnuto, nonostante le borchiature sul palmo. hanno almeno venticinque anni, passati dai miei fratelli a me, con le punte delle dita aperte e consunte, uno squarcio sul pollice destro, allacciatura in velcro inservibile, ma profumati di esperienza.
poca gente, all'aperto, quotidiani in consultazione, quattro piatti del giorno, scelgo un cous-cous tabulé o taboulé odoroso di menta e mezza mozzarella di bufala con verdure, afferro il bastone che rilega La stampa di oggi e vado al tavolo.
un divertente elzeviro della littizzetto su veltroni, una lettera aperta di gad lerner che chiede a veltroni come mai alla scadenza del suo mandato di sindaco non andrà più in africa a fare il volontario come aveva dichiarato di voler fare ma sarà invece il "leader" del Partito Democratico, ciarpame di governo e opposizione, dibattito sullo scalone maroni che pure con veltroni fa rima inquietante, di nuovo quasi mi offendo davanti a tanto uso sconsiderato e sciatto della lingua che punta dritto alla sua neutralizzazione
poi finalmente mi imbatto nelle pagine culturali, un'intervista a Dino Risi, classe 1916, che da 35 anni vive in un residence, si sente un fallito, pigro e indolente che gode immeritatamente della fama di grande del cinema, e simpatizza per i falliti, che non vede l'ora di morire, eppure è innamorato delle donne più che degli uomini, e come dargli torto accidenti, forse ostenta il disincanto del morituro, ma l'intelletto e lo spirito sono onesti: non vende certezze ed ha vissuto.
subito dopo l'inserto sulla scienza, e rimango due volte sbalordito. speciale sugli astronauti statunitensi che hanno camminato sulla luna. ignoravo quasi tutto: che sono stati dodici, che alcuni sono già morti, che è stato fatto un documentario su di loro (ragione del lungo speciale che stavo leggendo). e, su tutto, l'effetto devastante che l'allunaggio ha avuto sulle loro vite. crisi depressive, alcolismo, fuga dalla realtà, matrimoni naufragati, ripudio degli incontri pubblici (il più famoso, Armstrong), uno addirittura ha fondato un movimento per la conciliazione di scienza e religione, non riuscendoci, e prendendo poi le distanze dagli epigoni che cominciavano a spacciare i dodici astronauti come reincarnazione dei dodici apostoli. il mistero dell'anima dell'uomo si impone in tutta la sua forza, proprio nel cuore e nel racconto dei simboli del trionfo della scienza e della tecnologia. le fratture esistenziali, le aperture verso l'ignoto, il binario fantasma che ci si affanna a voler considerare morto. i trent'anni di cristo, i trent'anni di budda, le missioni degli apollo, persino i miei modestissimi trent'anni, senza queste crisi non saremmo più (o non saremo mai) uomini, mi dico, senza le emozioni, senza le parole vere per dirlo. per un attimo una verità, solo mia naturalmente, sembra soffiarmi il significato multiforme della vita, atea, religiosa, vera, falsa. ma è solo un attimo, che ho già dimenticato un'altra volta.

lunedì 25 giugno 2007

illuminations

le schegge di conoscenza colpiscono nei momenti più impensati
sarà inelegante dirlo, ma ero in bagno, e, siccome bonaventura invece della coperta di linus usa la carta stampata, avevo con me un volumetto di StampaAlternativa, il "Dialogo tra un moribondo ed un prete" del divin Marchese deSade, tra l'altro trattasi di edizione bilingue, carina nella grafica, ad un euro di prezzo. non sarò mai grato abbrastanza a Baraghini e anche alla Newton per questo sprezzo del pericolo e sbeffeggiamento dei luoghi comuni, oltreché ineguagliabili compagni delle pause.
ma, torniamo a me in bagno.
a suggello della postfazione del volumetto, trovo questa citazione dalla Justine:

I tiranni non nascono mai nell'anarchia, li vedrete sorgere solo all'ombra delle leggi, o da esse autorizzati.

Touché, caro D.A.F., e la parola/concetto "tiranno" è splendidamente intercambiabile con altre perle quali "nemici dello stato", "mafiosi", "corrotti", "imprenditori di importanza nazionale in conflitto di interessi",ecc.ecc.

giovedì 21 giugno 2007

cronaca di una serata annunciata

da quanto tempo conosco gabriele, mi chiedo mentre finisco di prepararmi? non porto nessuno spray antizanzare, mi farò bastare la birra.
mah, saranno almeno tredici anni, finito il militare, frequentando per la prima volta in vita mia una palestra, di quelle scassate delle scuole medie però. istantaneamente siamo diventati come fratelli. a volte gemelli, se non fosse che lui è sempre stato asciutto come un'acciuga e con capelli fittissimi, invece io più morbido e platealmente stempiato. a quel tempo io invidiavo i suoi addominali scolpiti, e lui mi invidiava le gambe e le braccia muscolose per puro caso e costituzione.
a quel tempo, del resto, credevamo anche che questi particolari significassero successo con le ragazze, ma poi si rivelava necessario anche parlare, così la nostra natura aliena finiva per creare quasi sistematicamente il vuoto. in più bonaventura balbettava (e balbetta ancora, seppur in misura molto minore), il che non deponeva in suo favore presso le amate forme, amate immortali, bellissime dame, oggetto di scrittura poetica...

tredici anni, passati in un soffio, tredici anni son tanti e diciamo, un po' retorici, che sembra ieri, come cantava guccini, ma per lui erano venticinque. jeans e maglietta, che gli esperti mi dicono chiamarsi "serafino", rossa, sto anche bene, mia moglie mi fa una scenata semischerzosa dicendomi di fare il bravo, mi pento per un attimo di essermi sposato ma anche di essermi spossato troppo tardi, che sono già in auto. ci troviamo davanti al "castello" di abbiategrasso, che si dà arie di città ma è un paese, carino anche, ma che si dà arie di frenesia viveur e metropolitana. beh, io e gabo ce ne freghiamo come al solito, e optiamo per un classico pub con tavolini all'aperto. camminiamo sul porfido, tra gruppi di immigrati seduti su panchine e gruppi di giovani veri e meno giovani non rassegnati, indigeni, che chiocciano tra auto aperte a stereo acceso, tutti a caccia di femmine, tutti con la bottiglia accanto.
l'aria è calda ma non sudo, respiro gli odori dell'estate, gli odori dell'asfalto, gli odori di benzina e i profumi delle ragazze, il solito groviglio che smaschera il tempo, e parliamo, ci raccontiamo le nostre mezze verità, riconosciamo subito l'invenzione e ci mettiamo a ridere. con gli altri non c'è gusto, troppo facile. la birra è un po' troppo forte per la mia voglia di bere, ma la finisco, come trangugiare fango fresco, e prendiamo due porzioni di patatine fritte mentre si parla della fitness-mania. secondo giro birra chiara, meglio. mi sento bene, allegro, nonostante le sue disavventure sentimentali, nonostante la pessima giornata appena trascorsa, glielo dico che mi viene da ridere anche se la ragazza lo ha mollato all'improvviso, gli dico anche che ha fatto bene, lui è seriamente d'accordo e ridiamo insieme per tutti i tredici anni che sono passati e non ci hanno divisi. non ancora. parliamo per un paio d'ore, della nostra passione per la poesia e del tenerla viva ogni giorno, di sesso che ridendo vorremmo ogni giorno insieme alla poesia ma ci si accontenta, di zanzare che forse non sono poetiche ma a volerle barattare col sesso saremmo a posto, di naturopatia, di tasse, di musica, di arte, di lavoro, di incertezze. la vita sembra quasi ricomporsi una volta per tutte, impomatata ma con un filo di disordine, inattaccabile e quindi perfetta. la mia pena è durare oltre quest'attimo (mario luzi).
quasi non mi accorgo di salutarlo con un abbraccio, noi che nonostante tutto abbiamo acquisito il pudore degli affetti, non mi accorgo di essere stanco, non voglio essere stanco, anzi. passo davanti alla corte dove abitava una mia ex, che ora lavora chissà dove, per un attimo ripercorro la casa su due piani, il parquet scuro, lo stereo sempre acceso e l'odore del camino, tre giorni senza mai uscire, mi si riforma un buco nel ventre ma riesco a non pensarci. c'è sempre qualcosa che non torna, ma che qualcuno preservi queste piccole follie, mi dico.

li rivedi, i volti dei tuoi amici,
cresciuti, stanchi, mai uguali
nella ricerca che non sanno -
e a volte qualcosa accende
la madreperla opaca delle fronti,
l'onda, il ricordo, il futuro,
le belle labbra del destino
mentre il cameriere sparecchia rapido

li rivedi, e tu con loro, cresciuto e stanco -
tutte le ferite richiuse -
a pregare che non finisca così
prima di aver capito

lunedì 18 giugno 2007

la cosa chiamata poesia/3

UN "IO" NON PUO' MAI ESSERE UN GRANDE UOMO


Un "io" non può mai essere un grande uomo.
Questo grande famoso è debole
agli amici è assai noto per la sua debolezza:
di cattivo umore a colazione, gli secca essere contraddetto,
il suo unico piacere è pescare negli stagni,
l'unico vero desiderio - dimenticare.

Procedendo dagli amici verso il sé composito,
l'"io" centrale è circondato dagli "io che mangio",
"io che amo", "io che mi arrabbio", "io che evacuo",
e il grande "io" piantato in mezzo a lui
non ha nulla a che spartire con tutti costoro,

non può rivendicare mai il suo vero posto
nella quiete della fronte, nella calma dello sguardo.
Il grande "io" è un intruso sfortunato
che litiga con l'"io che sono stanco", l'"io che dormo"
e tutti gli altri "io" che anelano a un "noi che moriamo".

(Stephen Spender, "Poesie", Mondadori)

mercoledì 13 giugno 2007

italia oggi

nel senso del giornale, il quotidiano giallo canarino, che si autoqualifica quale strumento di aggiornamento per i professionisti dell'ambito fiscale e legale
ahimé, non ho mai pagato l'abbonamento, ma da quando risulto iscritto all'albo dei commercialisti mi arriva in studio. con una frequenza che ancora non ho capito, ma comunque.
non vorrei cominciare a divagare.
la sostanza, la prima, è che è smaccatamente di destra. il che potrebbe anche non stupire. ma può comunque dare fastidio, se non hai lo stile del Sole24Ore e tiri verso il caciarone stile Feltri.
la seconda, che è poi quella che mi ha spinto a scrivere, è il paginone pubblicitario che campeggia a pag. 5 del numero di oggi, pagina oltre la quale non sono andato.
pubblicità del cellulare/palmare motorola q 9h "prendi in pugno il tuo mondo" che già evoca il passo dell'oca, ma è una considerazione del tutto personale.
giganteggia la figura di un 50enne seduto su un cubo di acciaio, metafora dell'operosità inossidabile dell'uomo nordico, jeans, camicia grigiazzurra, cravatta grigio stagnola, i più esperti di me sapranno valutare il valore economico di questi indumenti finto-casual finto-zen monocromatici, capelli rigorosamente griogiobianchi, volto rasato e mascella volitiva, occhi azzurri, espressione di severo trionfo, di raggelata gioia del dominio, fiera libidine della volontà. nella mano sinistra l'apparecchio prodigioso, la mano destra levata a pugno (la destra, capito? a scanso di equivoci), e intorno ad esso pugno, a raggiera, le funzioni assolte dal nostro oggettino al servizio dell'asciutto e algido tardogiovane che di italico non ha nulla. recito nell'ordine di comparsa:

1-booking volo N.Y.,
2-Yoga ore 20:30,
3-The very best of '70,
4-download mappa di Lisbona,
5-lezione di cinese online,
6-videorecita dei bambini,
7-Nasdaq +0,7,
8-inbox (19).

traduco amaramente:

1-vado a N.Y. per lavoro mica per fare una foto accanto alla statua della libertà dopo un volo lowcost e magari ho anche un appartamento in Central Park, che so meglio l'inglese dell'italiano o almeno credo, io,
2-yoga contro lo stress da superlavoro-guadagno pago-pretendo allegramente scisso tra un occidente che mi fa comodo e un oriente che mi fa comodo uguale tanto non ci capisco un cazzo, ma ci tengo al benessere, io,
3-70's mica sono un giovinetto però non me ne vergogno vuoi che una ventenne non la riesca a rimorchiare, io?,
4-a lisbona ci vado a pranzo tutti i giorni ma amo cambiare ristorante, io,
5-in che mondo vivete eh? sono al passo coi tempi e i cinesi li guardo negli occhi a mandorla voglio conoscere il nemico che poi magari ci guadagno pure qualcosa alla faccia vostra, io,
6-videorecita dei bambini perché la loro scuola vive in videoconferenza come una multinazionale, sono un padre virtualmente attento, io,
7-tengo d'occhio i titoli è banale ma è così miei cari in tempo reale, non potete proprio dire niente, faccio pure beneficenza, io,
8-voi 19 messaggi in attesa di lettura esclusi gli spam neppure ve li sognate. il mio giorno è di 36 ore, mica ho segretarie e collaboratori sottopagati che fanno il lavoro al posto mio, io.

"un IO non può essere un grande uomo"

Stephen Spender

spero un giorno impareranno a vergognarsi da soli.
quanto mi mancano le analisi spietate, sbagliate, acute, di pasolini.

martedì 12 giugno 2007

restyling

d'accordo, è passato neanche un mese
però quando si inizia a giochicchiare con le impostazioni è finita
ho scelto tonalità un po' più scure, riposanti, crepuscolari, e un carattere più nitido (è rimasto solo il carattere nitido, col passar delle horas)
per finire la giornata in bellezza, spero

virtù del disordine

così anche questa notte, da non fumatore, avrei fumato facendomi sgrondare di dosso la maledizione, l'alcol, la filosofia, la solitudine, l'odore del sesso caldo dell'estate, le ventate di benzina dalla finestra, i ricordi, le promesse, le parole, vado lungo è il mio blog, farebbe più fine dire taccuino lo so, scivolano le citazioni mezze dimenticate come prese a morsi, i luoghi e le persone veduti una volta per sempre, ricchi di speranza e di desideri
ma sono qui a scrivere, prima in brutta e poi in pubblica bella copia, per il pubblico ristretto che passa di qui, s'intende, mentre sorseggio jagermeister ghiacciato
mentre credo che tutto questo sia costruttivo, quando so benissimo che baratterei subito con una notte folle, con una nuova donna da conoscere e dalla quale farmi conoscere sperando di non ripetere un copione stantìo. amo gli odori della notte, gli odori del giorno e gli odori delle donne, non dico i profumi, ché fanno sciattamente poetico e retorico nel peggior senso, non significano tutto ma solo la parte in superficie
di qui, con un salto
scorrere questi giorni, la parte buona, non è vero ma devo scegliere
i film: Uno contro l'altro praticamente amici, Tomas Milian e Renato Pozzetto, mediocre con qualche battuta memorabile e la sfacciata, crassa, grottesca messa in scena della corruzione politica com'era vista venticinque anni fa, come se oggi fosse sparita: gli usceri dei ministeri parlano solo se allunghi la centomila lire, le stanze e i sottosegretari frequentati solo da chi cerca qualche privilegio, e i portaborse contano mucchi disordinati di banconote. che fare, ridere, sorridere, criticare, prendere nota...
i complessi, di Dino Risi, episodi con cast all-star, manfredi tognazzi e sordi. film ironico, dolce, cinico sui difetti veri e presunti, sul punto di vista dove il più forte vince ed impone la sua verità, come il dentone di Sordi, e tanti gradassi odierni. le radici di fantozzi e di verdone, per esempio.
scorrettezza che significa sgrammaticare gli stereotipi.
infine, nel cuore della notte, col cuore pieno di alcol e di sonno come una sconfitta, risalgo verso me stesso. provo simpatia per i mistici e i profeti privi o ricchi di fede, pieni di verità vita e indignazione, antipatici anche, ma solo per troppo amore mitigato appena dalla non-violenza, che non ci sta alla rinuncia, miracolosamente lucidi e antidogmatici, che non guardano in faccia nessuno per poter guardare se stessi, che per voler tutta la verità ne illuminano almeno un frammento, nel dolore e nel consumarsi furiosamente. confondono l'egoismo con il martirio, ma lo fanno realmente.
tra tutto quel che dimentico, trattengo appena l'ultimo, per diventare un uomo migliore, mi dico.
quello che ha detto:
"la leva ufficiale per cambiare la legge è il voto. la Costituzione gli affianca anche la leva del diritto di sciopero. ma la leva vera di queste due leve del potere è influire con la parola e con l'esempio sugli altri votanti e scioperanti."
"ciò che seguita a cambiare di posto secondo il capriccio delle fortune militari non può essere dogma di fede né civile né religiosa."
"un rimorso ridotto a millesimi [perché ricade sul collettivo] non toglie il sonno all'uomo di oggi...c'è solo un modo per uscire da questo macabro gioco di parole. avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni."
"è noto che l'unica 'difesa' possibile in una guerra di missili atomici sarà di sparare circa 20 minuti prima dell' 'aggressore'...allora non esiste più una 'guerra giusta' né per la Chiesa né per la Costituzione."
"c'è un baco interiore dunque che svuota la grandiosità dell'edificio [sociale, civile e legale] di ogni intrinseco significato. il nome di quel baco lo conosci. si chiama: idolatria del diritto di proprietà."
"scorrette sono solo le parole false e inutili."

so di non aver scelto i passi migliori, ma solo quelli che stanotte mi vanno a genio.
dedicati ai manichei di destra e di sinistra, ai cattolici da quattro soldi, agli ipocriti in generale che vedono comunisti ovunque, e a chi vede fascisti ovunque.
chi era costui? Don Lorenzo Milani. "L'obbedienza non è più una virtù", Stampa Alternativa.
l'obbedienza no, ma il disordine sì.

mercoledì 6 giugno 2007

cuore a colazione

questa mattina la sensazione è stata quella di avere il cuore spezzato
in auto, durante la solita coda, andava lo splendido disco di antonella ruggiero, in cui rivisita alcune canzonette dell' "entre deux guerres" italiano, meravigliosamente, fisarmonica, pianoforte, contrabbasso, archi...
e le melodie, parole ormai banalizzate "non ti scordar di me", "è primavera, svegliatevi bambine" si sono aperte come un lampo la strada polverosa che porta verso le lacrime
avevo voglia di piangere
o meglio, non era proprio voglia, era desiderio, desiderio di fare l'unica cosa che mi sembrava possibile
di colpo tutto il peso della stanchezza
la rabbia e la pena per la rassegna stampa appena ascoltata
la sensazione acuta di vivere qui, dove lo splendore umano convive, non si sa come, con la più folle politica dell'abbandono, del frammento episodico
potere dell'arte, faceva sembrare tutto dolorosamente vero, e dietro ogni cosa, un riacutizzarsi del dolore
la normativa sui diritti d'autore? lasciamo stare per favore - viabilità e trasporti? ho un libro del 1968 dove già si vede il disegno della linea3 della metropolitana milanese, gialla già allora, realizzata oltre vent'anni dopo - crisi o non crisi di governo? ho detto che non è giornata, bush vuole vendere lo scudo spaziale ai cèchi, abbiamo avuto otto, dico otto, governi e microgoverni andreotti, da togliatti e de gasperi siamo arrivati a prodi e berlusconi e ancora stiamo a interrogarci sulla moralità della politica, aggiungerei e che cazzo se non abbassasse troppo il tono...
la sensazione di essere di vetro, il bandolo della matassa sepolto nell'orticello cui tutti dovremmo essere condannati a vivere a viso schiacciato a terra
però ora non mi viene più l'ispirazione di prima, è passato il momento in cui avrei dovuto scrivere
giuro che era tutto incredibilmente al suo posto
commovente, poetico, al posto di queste ceneri fumanti, prima di cominciare il lavoro
non ho pianto, accanto a me c'era mia moglie
forse è per questo che il matrimonio non mi rende felice
non mi sento libero di piangere
ma è colpa mia

crapa pelada fa i turtèi
ghe ne da minga ai sò fradèi
no no no no
i sò fradèi fan la fritàda
ghe ne dan minga a crapa pelada
no no no no


martedì 5 giugno 2007

zen music from france

questo è il nome della stazione radio via internet che bonaventura ascolta durante il lavoro, quando ormai si fa sera, la testa è gonfia come una spugna, ma ha la consistenza della paglia, una sorta di battipanni, insomma, e il senso di estinzione si fa pericolosamente prossimo
passa di tutto, un adagio di albinoni cantato da una interprete araba, che potrete non crederci ma è bellissimo, altre volte sinuosi e sensuali ritmi brasiliani lenti, sfumati di elettronica, e poi gli immancabili ruscelli e cinguettii di volatili di ogni specie e genere. per me potrebbero essere sia usignoli (usignuoli o rosignuoli, in italiano nobile) che aquile, tanto poco sono allenato a distinguere i gorgheggi che pure mi incantano. l'illusione di una apertura, che basta a coprire il trillare inesausto dei telefoni. scadenza di tasse, i clienti devono partire per le vacanze, nonostante tutto.
certo, fà un po' tristezza ripassare i panorami al chiuso, ma tant'è
la sapete quella dei bambini che, intervistati sull'origine delle uova, risposero "il frigorifero del supermercato" o giù di lì, no?
surrogati, ma anche io mi sento un uomo sintetico in questo periodo
plastificato, come una carta da gioco
disinteressato all'attualità. insomma, sta succedendo un (apparente) terremoto tra Visco e gli amici della Guardia di Finanza, trasferiti i vertici Milanesi del corpo, intercettazioni, fumosi e irritanti resoconti, lo spettacolo di Berlusconi che prende le difese delle fiamme gialle in nome di quelle regole che lui per primo ha contribuito a rendere volgari e inutili...ma a sentire le conversazioni comuni, non c'è traccia di tutto questo. il tempo tiene banco, fà caldo, fà freddo, troppo sole, troppa pioggia, non è il caldo ma è l'umido, non è il freddo ma è l'umido. evergreen argomentativo, inesauribile. e pensare che lo sarebbe anche capire, non banalmente, andando a fondo, che onestà e potere economico respirano arie differenti.
allora preferisco tenermi un briciolo di forze, e per stasera sognare lascive donne sudamericane o arabe che ballano questi ritmi "zen" mentre scorrono ruscelli di plastica e cantano uccelletti di paglia come la mia testa.

sabato 2 giugno 2007

art. 33


L'arte e la scienza sono libere, e libero ne è l'insegnamento.

art. 7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.

art.53
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

art.28
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.

art.4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

sono tanti, tantissimi, ahimé forse troppi, gli aforismi che si possono distillare dalla Costituzione Italiana (passatemi le majuscole un po' demodé e fai-da-te) che fanno tremare "le vene e i polsi", oltre che girare vorticosamente le palle. facile, troppo facile anche farne dei comodi slogan per inesistenti politiche televisive. a volte sembrano più battute di un comico.
sicché persino l'italianissima tendenza tarallucci e vino di bonaventura, che a volte costa discrete brutte figure per sciatteria e approssimazione pur di pacificare i contendenti, ritrova l'altrettanto furiosamente italiana riottosità. e il sangue ribolle come lo Stige dantesco. l'italiano, declinazione di ircocervo. spot per un vocabolario.
ma intanto lo spot lo faccio al volumetto qui rappresentato in minuscola copertina, edito dalla BUR. "La Costituzione della Repubblica italiana. Un classico giuridico".
Come dire, per non riempirsi più la bocca di parole prese a caso, sull'onda del sentito dire, ma per darsi una parvenza di serietà e di vera coscienza civile. Il libriccino, gradevolissimo anche nell'aspetto, copertina in colori caldi, con la bozza del simbolo del manifesto per il referendum del 1946 sulla forma di Stato da adottare, il libriccino, dicevo, è introdotto ampiamente, libro nel libro, dal costituzionalista Ernesto Bettinelli, che guida con mano sicura e visione lucida nel percorso di formazione del testo giuridico e ne disegna l'attualità così poco considerata, puntando a restituire vitalità a parole vive, figlie di un momento storico unico, ma non per questo da adorare come un monumento. Non starò a riassumere inutilmente e male ciò che Bettinelli, nel corso delle sue troppo brevi 140 pagine (non strabuzzate gli occhi, pigroni!), narra con passione, amore, competenza, chiarezza esemplare e, permettetemi, onestà intellettuale. Grattando sulle croste della rassegnazione e delle evidenti contraddizioni, che facilmente scivolano nel criminale. Se non fosse che qui si parla di una cronica disattesa della legge fondamentale del nostro Stato, se non fosse che per questo - non voglio esagerare e far demagogia - milioni di persone vivono esistenze stentate, nutrite di ignoranza e violenza (sinonimi spesso, contrari mai), al di quà o al di là della legalità. Se non fosse che la Costituzione suggerisce norme, disattese, per una convivenza che oggi è un miraggio, intra e internazionalmente parlando. Anche volendo ridere del forse troppo idealismo che ne sfuma certi tratti, che comunque fa molto meno ridere della tronfia e micragnosa realpolitik al potere da circa sessant'anni, e che oggi, "festa della repubblica" tutto minuscolo, si autocelebrerà intrepidamente.

tutto questo, e anche di più, per soli 7 euro. come direbbero da chiambretti, meno di una pizza margherita in zona navigli a milano. che dopo questa lettura vi sarà molto più difficile digerire.