mercoledì 30 maggio 2007

esistenza, che stai qui di contrabbando

facile fare dell'umorismo che sconfina nella disinformazione. di umorismo c'è bisogno, di disinformazione, francamente, un po' meno. però, però...sentire Fini a Ballarò che parla di lumpenproletariat tutto compunto, civile, e informato, vogliamo dire umanamente simpatico? insomma che dice "qualcosa di sinistra", non mi lascia indifferente. contuttoché io non sia manicheo tra destra e sinistra, essendo "l'operaio", il "sottoproletario", uno spaventapasseri abbandonato nel campo incolto, buono per tutte le beccate, per Marx e il Family Day. il qualunquismo parte dall'alto, cari miei. se di "alto" si tratta. è ingiusto e inutile tacciare l'uomo comune, uno come bonaventura, per esempio, di qualunquismo se i politici per primi cavalieri inesistenti si rivolgono a cittadini, uomini e donne, inesistenti. e, dietro, la signora gessata ossigenata e cotonata di umorismo priva, che mi faceva venire nostalgia di Rosi Bindi con il suo grigiore e il suo sciapo sorriso quotidiano, che con evidente accento lombardo respingeva ipocrita le accuse generiche "siamo tutti evasori" sollevata allegramente da un collega, emersa dal dibattito sugli studi di settore. e poi ancora l'età dei componenti dei partiti, statistiche, medie, valutazioni, involontarie citazioni da giorgio gaber. senso di vuoto, sto ancora respirando? forse mi sono sintonizzato sul terzo canale di un'altra repubblica. o forse della solita, quella finta.
non ci siamo, non ci siamo proprio.
quello che avrei voluto sentire, e soprattutto leggere in una qualsiasi legge finanziaria, ma che non ho ancora né sentito né letto: deducibilità totale per le spese mediche, per gli interessi sui mutui, per le spese scolastiche, per le assicurazioni, per i costi del personale, per i costi delle autovetture, per gli ammortamenti, per le imposte già pagate (già, perché non sono deducibili, alias, ci si calcolano sopra...le imposte), aliquota unica del 20%, pari all'IVA ecc.ecc. uno straccio di calcolo in prospettiva sugli effetti di queste modifiche. riforma dei codici, tutti, civile penale tributario, subito, seria per piacere, che lo sappiamo tutti che le professioni di notai commercialisti e avvocati si fanno solo per soldi e sull'ignoranza altrui. della tronfiaggine dei professionisti con lo studio in centro città non se ne può più. a guardare bene, bonaventura ci vede anche una sorta di volontariato civile, di comprensione e studio dei propri simili, a volte da aiutare. ma, ironia del destino, il risultato non cambia. l'ipocrisia si regge su questa coincidenza di altruismo e ambizione, e su vieti giochetti linguistici, che ancora pare funzionino.

ma si pianga solo un po', perché è un peccato
e si rida poi sul come andrà a finire...
(Canzone di notte n.3, Francesco Guccini)

lunedì 28 maggio 2007

sillogismi di amarezza


bonaventura non è più un imberbe giovincello, anzi, sospetta di essere nato vecchio, forse confortato dalla sua inguaribile sardonica tristezza e dal fatto di essere sempre stato decisamente villoso - tranne che sulla testa - suscitando accesi confronti tra le opposte fazioni dei "glabristi" e dei "primatisti (nel senso di primati/scimmie)", altro nome per i "creazionisti" e gli "evoluzionisti", ma ha testardaggine e tenacia da vendere, così da sembrare alimentato da batterie segrete, o illecite...

e così, nonostante le nubi minacciose di temporale e di antiche ricorrenti depressioni, venerdì sera, dopo una settimana di masticazione cavallina di dichiarazioni dei redditi, mi sono mosso alla conquista della mia prima cintura di kung-fu, nella variante filippina chiamata Ar-ku-tai-pa. temperatura tropicale, fameliche zanzare dagli occhi azzurri della bassa padana, le solite secchiate di sudore, ma alla fine la soddisfazione dell'esame superato, alle 22:07 uscivo gongolante dalla palestra con il diplomino e una fascia di fibra sintetica lunga tre metri color giallo canarino completamente fradicia, miracolosamente acquietato dai muscoli ancora vibranti.
poi, sabato, il secondo concerto della stagione. eh, sì. quest'anno vado fortissimo, sarà che di chitarristi disponibili ci sono solo io. un bello spettacolo su musica e letteratura, letture di brani inframmezzate da standards jazz (Duke Ellington, Thelonious Monk, Charles Mingus...) eseguiti dal sestetto di cui faccio parte, con l'aggiunta di quattro cantanti, per l'occasione. belle da rifarsi gli occhi e lo spirito, belle come dico io, belle secondo me, nei diversi lineamenti del viso, nei movimenti, negli odori, anche se grasse, anche se magre, anche se alte, anche se basse, in tutte una goccia di evidente splendore come pietra filosofale e...dio mio come suono meglio, e come hanno cantato meglio, forse sentivano il riflesso del mio ammirare la loro grazia, gratitudine intrisa di sensualità, perché negarlo, dio benedica la musica, la poesia, i capelli lunghi, le gambe senza calze, le caviglie sinuose, i seni e le natiche piene...niente come la bellezza femminile e l'arte per attraversare indenne questi straripamenti improvvisi di pena. invece di rallentare per stanchezza, ora raddoppio gli impegni, due prove la settimana, e cinque forse sei concerti nei prossimi venti giorni. una vera manna per l'autostima, non c'è che dire, passare la serata con persone che vale la pena stare ad ascoltare, una volta tanto, il piacere di tacere senza fretta.

ritorno sul pianeta terra, ancora illuminato dal cammino delle pene appena trascorse come chiocciole decorate, folgorate dalla tempesta, cielo di madreperla
più lucida, l'indignazione, la faccio pascolare. rimando a domani ciò che magari farò nell'altra vita che a malapena sogno. ma nella quale vorrei fare quasi le stesse cose, amare, suonare, scrivere, soffrire senza motivo, lavorare fino allo sfinimento, magari meglio, solo con più libertà, onestà, e meno ipocrisia.

venerdì 25 maggio 2007

il limite dell'utile


il paese che vedete qui a fianco è Montefiore Conca, situato nel cuore dell'entroterra Riminese, ultimo baluardo dei Malatesta prima dei domini dei Montefeltro (Urbino dista una trentina di chilometri, pochi di più per arrivare a San Leo, la rocca appollaiata su uno strapiombo famosa per essere stata carcere di Cagliostro). questo è il paese natìo del padre di Bonaventura, dove tuttora esiste una casa di famiglia, un paese amabilissimo di estate, a quindici chilometri da Cattolica, i paesi in festa come non mai nel mese d'agosto, opere liriche in piazza, feste medievali ispirate ad oscuri e forse inventati personaggi storici, poeti misconosciuti da ricantare, giostre, palii, rapaci addestrati, antichi mestieri, cene tra ulivi illuminati o all'interno di chiostri sorprendentemente incastonati dove spazio sembrava non essercene, lune arrossate e mare in lontananza.

mi fermo un attimo, dopo una lunga giornata ormai estiva, il lavoro soffocante come un materasso aperto. mi vorrei fermare ma temo di non riuscire più a ripartire, vinto dal senso di smarrito abbandono che mi accompagna sin dall'infanzia, avete presente il Woody Allen bambino di Radio Days, che pone domande esistenziali cui nessun adulto sa rispondere?
i ricordi si esibiscono in una risacca degna di miglior mare che non l'Adriatico, ne convengo.
magari il Mediterraneo di Les Saintes-Maries de la Mer o l'Atlantico di Lisbona.
mi viene in mente che mangerei volentieri ancora un chilo di "moules" in quel ristorantino belga ad Avignone, poco dietro il Palazzo dei Papi, e poi mi fermerei a suonare la chitarra insieme ai gruppetti improvvisati che si trovano un po' ovunque nell'estate di Provenza.

tutto questo è il riflesso pesante dell'amarezza di un lavoro condotto a denti stretti, a contatto con un fisco che il cittadino ignora o finge di ignorare. il fisco meraviglioso di un paese meraviglioso, dove la purezza di intenti dell'arte astratta trova il suo compimento più che in una tela tagliata di Fontana. sei malato? se non spendi più di 129 euro, è come se non avessi speso niente, e la parte che supera la soglia, vale al 19% (traduzione: ti aumento il reddito di 129 euro fissi, e comunque le imposte per le persone fisiche partono da una aliquota del 23% . moltiplicate per il numero di contribuenti e troverete l'ammontare fittizio per tasse vere). paghi il mutuo? gli interessi valgono fino a 3.600 euro complessivi. sempre che il mutuo sia di importo inferiore o pari al valore dichiarato della casa. (traduzione: italiani furbi che dichiarate valori ridicoli per pagare meno imposte, finita la pacchia. e comunque trovatevi un mutuo di almeno sessant'anni per stare al di sotto della soglia.).
lo so, sono cose noiose, e sono solo due delle tante, nemmeno le più ingiuste. ma l'Italia è il paese dei gioiellieri che dichiarano 8.000 euro di reddito, degli studi di settore che ti dicono quanto dovresti guadagnare per evitare che qualcuno venga a farti le pulci, sono cose noiose e per questo continuano a riprodursi e ad incancrenirsi. il codice tributario, col quale armeggiamo noi commercialisti conniventi dello stato per capire come lavorare, consta, in edizione commentata e quindi fruibile almeno in parte, di due volumi di duemila pagine ciascuno. esclusa la giurisprudenza, le circolari del ministero e le istruzioni delle dichiarazioni dei redditi che cambiano ogni anno. mentre il cittadino chiede di risparmiare, ruba come può, viene umiliato e vessato fino a perdere la sensibilità, sporca vergognosamente l'ambiente in cui vive, ecc.ecc.
il riassunto, triste solitario y final, è che per deontologia dovrei essere disoccupato. e, ciliegina sulla torta, da un po' penso che sarei più felice.

giovedì 24 maggio 2007

memoria corta (niente di nuovo sotto il sole)

Non tutto ciò che ci colpisce ci danneggia; ma l'abitudine al piacere induce all'ira: tutto quello che non è come desideriamo, provoca la nostra collera. Ci comportiamo come i sovrani: anche loro, dimentichi delle proprie forze e della debolezza altrui, danno in escandescenze e infieriscono, come se fossero stati offesi, mentre l'eccezionalità della loro sorte li mette completamente al sicuro dal pericolo di una simile evenienza. Lo sanno bene ma, lamentandosi, cercano l'occasione per fare del male; dicono di essere stati oltraggiati per poter oltraggiare.

Un'analisi penetrante dell'11 settembre, ma non vorrei sembrare banalmente antiamericano. E' che, combinazione, stavo leggendo questo testo proprio in quel periodo.
Chi è? Chomsky? No. Luttwak? Nemmeno. Amartya Sen? Acqua.

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, V, 48, 19-20

mercoledì 23 maggio 2007

la cosa chiamata poesia/2


mia madre, vedova, stanca,
il volto segnato, come sua madre, dice,
rugoso ma morbido come fresco
formaggio, pensavo da bambino
quando non volevo parlare
perché i parenti visti una volta l'anno
mi facevano paura e mi sentivo solo,
comprato con pane e cioccolata
vicini al mare, ultimo piano a destra

mia madre, stanca, mi parla del pranzo della domenica
una goccia per volta ricordo l'amore
che le devo e non ho mai detto,
la parola inciampa, la ninna-nanna
risuona ancora, l'orecchio poggiato
alla sua schiena, voce lontana e vicina,
viene da dentro o da fuori?
la memoria che non perdona
ma tiene vivi, poi che non sappiamo
dove andremo, potremmo ritrovarci
dicono, e forse parlerò
saprò dire l'amore taciuto a lungo
verrò perdonato, e saprò perdonare

l'idea di infinito

come diceva il mai troppo compianto prof. Franco Alessio, ordinario di Storia della filosofia Medievale all'Università di Pavia, la stupidità è l'unica cosa che dà l'idea dell'infinito

ragion sufficiente per capire che le alternative alla beneficenza "on demand" e alle associazioni di volontariato sono due: mollare tutto e rimboccarsi le maniche insieme a chi è in prima linea; oppure lasciare marcire le cose come stanno, elaborando raffinate scuse per l'indifferenza, per non collaborare nemmeno idealmente, facendo la parte di quelli "che la sanno lunga". e invece la sanno cortissima, quanto la loro cecità e sordità.

finale, ragion per cui appoggio e diffondo nel mio piccolo l'aiuto a Deepak. ringrazio pubblicamente virginie, che tramite il suo blog, che vale una visita ben più del mio (trovate il link in fondo alla pagina), mi ha fatto conoscere questa situazione.
il primo link qui a fianco vi fornirà tutto il necessario. nel bene e nel male, o al di là del bene e del male, per darci un tono.

martedì 22 maggio 2007

la cosa chiamata poesia


canto una ninna-nanna
al malessere esistenziale
cos'è una vita che si interroga sul suo senso?
avrei voluto scrivere una poesia, e, mi dico,
scrivi troppo poco per essere felice
scrivi troppo poco per dirti poeta
hai amato troppo e troppo poco, dio mio
che banalità, meglio tacere, ché
dei poeti hai solo la memoria che non perdona
e porta e riporta all'infinito i profumi
di alberi che non conosci ma che trattengono
infanzia e adolescenza in un battito di ciglia
in uno stormir di fronde tiepido
nel pomeriggio bollente
nell'estate ormai trafitta di luce
vuoi far la cosa chiamata poesia
come il giovane ceco caro agli dèi
vuoi vivere? vuoi morire?
vuoi farti bello di tutto ciò che non sai?
cos'è la cosa chiamata poesia
in questo silenzio
e questa ninna-nanna senza risposte
e senza sonno

lunedì 21 maggio 2007

mauvais sang


va benissimo, non ho la competenza per dire bene né - ahimé - per dire male della fiction e della tv, cosa che mi scoccia assai
e cosa che sarebbe inutile
però è un bell'uno-due(-tre) quello assestato da Canale5
domenica 20 "Le crociate", oggi e domani "L'uomo della carità"
il primo un film tronfio e vuoto nonostante la presenza di un attore del calibro di Liam Neeson, giustamente trombato dagli ascolti, l'altra una fiction con Giulio Scarpati (che confesso non mi dispiace) in due puntate su don Luigi di Liegro, prete "scomodo" come si usa dire tacendo degli impliciti accollati zerbinotti, o meglio un uomo che ha lasciato un segno, capitato alla chiesa. immagino il finale, lacrime ipocrite delle autorità sulla provvidenziale morte del prete eroe, omelia in cui la Chiesa rimedia una mezza figuraccia in quanto somigliante alle istituzioni politiche, ma poi via col ricordo di un prete buono da portare in argomentazioni pro-ecclesia che i cattolici mica sono tutti ugualmente rigidi e ottusi. eh, già, ci mancherebbe, ma nemmeno sono tutti dei piccoli don Luigi.
vecchio trucco, col quale tra l'altro si regala tutta la comodità di venire tacciati di irrispettosità nei confronti del di Liegro, azzerando il possibile dibattito.
vabbè, triste, solitario y final. la tv fa bene, la tv fa male, i bollini verdi gialli e rossi.
e infine, a margine e con più leggerezza, mi chiedo, ma perché fare la fila per sorbirsi una versione teatrale di "Cabaret" con, reggetevi forte che non sarà mai abbastanza, Michelle Huntziker nel ruolo che fu di, reggetevi fortissimo, Liza Minnelli. no, dico, avete presente come la Michelle canta la melodia dello spot dei "Tic-Tac"? e riuscite ad immaginarla vociare stopposamente in "money money"? ho i brividi al solo pensiero.
buona visione.

giovedì 17 maggio 2007

gli anni


Questo non è un paese per i vecchi. I giovani che stanno
gli uni abbracciati agli altri, gli uccelli sopra gli alberi
-quelle generazioni mortali-cantando, le cascate
gremite di salmoni, i mari fitti di sgombri,
e pesce, carne o uccelli, durante tutta l'estate
esaltano ogni cosa generata, che nasce e che muore.
Afferrati in quella musica sensuale, tutti trascurano
i monumenti dell'intelletto che non invecchia.

(W.B.Yeats, Viaggiando verso Bisanzio, strofa I)

E' un attimo.
Da una parte le buone "vecchie" cose di "una volta", implicitamente sane, implicitamente "naturali", quindi non manipolate quindi amichevoli, "friendly", parte di noi stessi quindi buone tanto che come abbiamo fatto finora, come abbiamo fatto a vivere così senza, nutrienti diuretiche dietetiche energetiche, le trattorie, le osterie, i fagioli con la piada, mica nouvelle cuisine, anche se costano uguale perché sono biologici, quasi fossero coltivati con lo chanel n.5 invece che con il concime.
Naturali e al tempo stesso, quando si dice la fortuna, al riparo dalla natura, che a volte manda in rovina un raccolto, ti mangia con gli insetti, fa crescere una mela un po' storta, un'arancia scheggiata, insomma fiori e frutti insopportabilmente irregolari, e quindi brutti e ipoteticamente cattivi, e poi si dice che abbiamo dimenticato le nostre radici greche, ma guardate qui, platonismo allo stato puro persino al mercato.
La saggezza, la lentezza, il piacere della parola da dire e soprattutto da ascoltare.
I racconti dei bisnonni, morti a 90 anni lui e 87 lei, nonostante la vita dei campi, la cui immane fatica e proverbiale durezza evidentemente vince sul "logorio della vita moderna", a giudicare dai nonni (morti a 61 e 67 anni) e da mio padre (tumore a 63, tra ospedali più affollati dello stadio di S.Siro al concerto di Vasco). Ma sono dati che abbassano la media del benessere, li si perdoni, fosse vero si sarebbe risolta a metà la perenne crisi finanziaria italiana. I vecchi che costano e consumano, che non arrivano a fine mese, o che prendono pensioni da tremilacinquecento euro perché prima vigeva il sistema retributivo, cioè pressappoco "vai in pensione con questa cifra, come farò a dartela è un problema che non intendo risolvere finché è possibile, poi mi inventerò la 'destinazione del TFR' vendendola come fosse un'opportunità", la "previdenza sociale", come suona con meravigliosa ironia. Un dio idiota che non sa contare fino a cinquant'anni. I vecchi scorbutici che ripieni di fiele e di buone domeniche girano piegati e semicoscienti per le metropolitane e i supermercati, quelli che hanno molto vissuto e molto amato e quelli che si sono inariditi come rose del deserto. I vecchi che ormai è tardi, anche se ne senti il bisogno.
E' un attimo.
Dall'altra parte il mito del nuovo, nonostante la crisi delle nascite. Anche l'età nuova, il mangiare positivo, il dettaglio che migliora il quadro complessivo. Il giovane implicitamente bello e quindi buono, il platonismo resta il filo rosso dell'occidente, non c'è niente da fare, i ventenni trentenni quarantenni (ah, il confine mobile della giovinezza, che si fugge tuttavia) speranza del Paese, giovani ambiziosi certo, informati e "al passo coi tempi", che se sembra il passo dell'oca è una distorsione storica credetemi, consapevoli dei pregi e dei difetti della civiltà, che apprezzano le cose belle confondendole a volte con l'arte, o altre volte scambiando il benessere con la creatività. Largo ai giovani, nella politica vecchia, lo slogan funziona per forza, tanto che persino i vecchi se ne vanno convincendo. I giovani, del resto, pensano alla pensione, mica solo alla fica e alle automobili, o al cazzo e alle borsette. Tante intelligenze acute e brillanti messe ad affumicare accanto alle belle speranze, ingannati dal mondo che, come al solito, non tollera l'innocenza.
La fretta, l'ansia, la frigidità, l'eiaculazione precoce. Poveri di fantasia e di futuro, sempre a fare i conti con il tempo e con le misure di peso altezza girovita girotette lunghezza, affamati e continuamente arricchiti di "malattie" da cui tenersi in guardia, dalla depressione alla pedofilia, dall'anoressia alla ninfomania, ma non l'infelicità. Il caso e lo specialista quali numi tutelari, che culo. I giovani a cui tocca tutto il mondo, ma con mille euro al mese. I giovani che non è mai troppo tardi, anche se non ne puoi più.
E' davvero un attimo.
Come se Vecchiaia e Giovinezza fossero due valori, di per sé, assoluti.
Come se la verità, se esiste, non fosse altrove, al di là di questi frammenti, oltre gli Anni.

mercoledì 16 maggio 2007

niente da dichiarare

"Addio", stavo per dirti. Ma trattengo la voce,
mi volto, ti rimango vicino, notte infernale,
per me, la lontananza, notte amarissima,
un vero oltretomba. La luce dell'alba
è la tua luce. Ma essa è muta, mentre tu,
più dolce di un canto di sirene, mi porti in dono
la tua voce. E alla tua voce si aggrappa la mia
speranza di essere vivo.

(Paolo Silenziario, dall'Antologia Palatina, V, 241)

Tutto il giorno sono stato malato di nostalgia, il ricordo invadente di quella ragazza che domenica stava seduta nell'erba, acciambellata, gambe incrociate, ad ascoltare quel manipolo di pazzi, tra i quali c'ero pure io, che si alternavano sul piccolo palco montato all'interno della radura a recitare un pezzo della loro vita vera o inventata che fosse. Occhi scuri spalancati e attenti, labbra e maglia rosse, mani ondulate e disegnate finemente, come foglie, e un viso che non si dimentica, i tratti forti, non belli eppure attraenti, capelli castani lisci raccolti semplicemente come fieno o tessuto prezioso, il suo corpo robusto eppure teso, turgido, promettente. O di quella signora nel vagone della metropolitana, lunedì sera. Salita a Cadorna, da seduta non toccava neppure terra nella sua gonna nera a fiori bianchi, il naso presbite affondato nel display del cellulare e leggere o scrivere chissà cosa, e poi è sembrata addormentarsi, il capo rugoso ciondolava ai sussulti delle fermate e delle partenze. Immagini, idee, desideri inespressi certo, ma quanta fatica oggi, accidenti a me.
Tutto il giorno malato di nostalgia, inutili dibattiti tra politica e religione, inutile lavoro di cesello e frodi fiscali, ma ritornerò sull'argomento. La pausa pranzo è scivolata via pesante come il varo di una nave destinata ad affondare. Meno male che poi ha smesso di piovere e lo squarcio azzurro del cielo mi ha riportato il sorriso. Fino ad ora.
Buonanotte.

lunedì 14 maggio 2007

la forza delle idee

sul ponte che attraversa il ramo del naviglio grande all'altezza di abbiategrasso, fermo in coda come ogni sera per tornare a casa, ho visto la vetrina dell'edicola lì vicina e all'inizio ho riso, sembrava la locandina di un nuovo spettacolo dei Legnanesi (nota compagnia teatrale dialettale)
insomma, non ci volevo credere, mentre strabuzzavo gli occhi cercando di mandare giù lo slogan scritto in verde su fondo bianco
"l'è ura de finila"
testuali parole
più sotto, pizzicotto per levarmi l'ultimo brandello di illusione, l'alberto da giussano in spada e ammennicoli blu
il dialetto, questa meravigliosa eredità da salvaguardare, magari evitando di imbottigliarla alle sorgenti del Po, risorsa naturale contro la banalità del linguaggio, mi viene da dire anche contro la banalità del male, se non suonasse tronfio, ed ho peccato di intellettualismo, perché è evidente che il dialetto è stato a lungo l'unica lingua disponibile, con tutti i pregi e i difetti conseguenti, il lusso e l'onere del bilinguismo è arrivato dopo
così, in questa Italia dall'italiano riciclato, smozzicato e ruminato tra riviste, telegiornali e spettacoli di intrattenimento, dove le conversazioni del più e del meno sembrano un'eco illimitata della stessa frase di partenza, e le parole apparentemente moltiplicate all'infinito danno l'illusione dei contenuti, i vocabolari diventano (ritornano?) rivoluzionari con quel loro ostinato riportare tre o quattro significati per parole di cui a stento se ne conosce uno
e il dialetto subisce l'ironia di una sorte amara a piccolo cabotaggio, perché il dialetto non arriva a pensare alla nazione se non per forzature esatte (participio di esigere) dal potere, se non come ri-traduzione da un italiano misero e brutale, distintivo di microappartenenza rabbiosa impermeabile a quella ragione che non si può imporre, vero virginie?
il dialetto appartiene - apparteneva - agli uomini, è - era - quel retorico pezzo di terra che ci si porta dentro, legame materno e paterno, vogliamo dire anche che è figlio della povertà? e una destra tanto stupida da non vedere che già così ci sarebbe conservatorismo da cavalcare per anni inocula odio fresco in quel piccolo mondo dato ormai per spacciato da decenni, odio fresco nella piccola patria cresciuta troppo in fretta degli ignoranti che parlano come mangiano, eppure sapevano guardare all'uomo e non al paese più di quanto le lenti deformanti dell'italiano, di quell'italiano ridotto all'osso dell'imperfetto, sappiano fare. per chi ancora confonde l'intelligenza con l'istruzione.
niente nostalgie di un passato violento e campanilista, ma oggi, almeno, oggi dico, avrebbe potuto esserci una possibilità di recuperare un amore buono, anche attraverso la lingua e il dialetto, verso di noi, un amore costruttivo, la possibilità di un arricchimento, una volta tanto, spirituale, quello dei Porta, dei Belli, dei Tessa, dei Pierro, dei Pasolini, dei Giotti, dei Guerra...invece del solito gioco al ribasso, riflesso del nulla politico
ed è così che, proprio oggi che possiamo permetterci l'onere e il lusso del bilinguismo, e di scartare le bucce del pregiudizio, è già "ura de finila"

venerdì 11 maggio 2007

...e una pinta di rum

così, tanto per distrarci da una cronaca avvilente e perdipiù raccontata male, che rischia di passare quale unica e vera realtà (vabbè, l'ho presa larga...), divago un poco facendo una blog-promozione del volumetto qui a fianco, edito da Stampa Alternativa, ad 1 euro, come il versamento fatto per le primarie, solo che questo invece di avvelenarci il sangue, ce lo rende potabile...
sarò breve, intendendo lasciare il più possibile spazio alle citazioni...Stevenson è l'autore dell'Isola del tesoro e di altri libri importanti, che io non ho mai potuto soffrire causa immortali traumi scolastici, finché mi sono trovato tra le mani questa sorta di breviario dell'intelligenza e dell'indipendenza di spirito, fondato addirittura su idee classiche raccolte e fatte rifiorire splendidamente, sarà che il pragmatismo anglosassone nella sua accezione migliore ricorda quello degli antichi romani (a qualcuno otium evocherà qualche eco scolastica non traumatica, forse)...quindi, è chiaro che Stevenson fa solo bene, e che le sue apparenti contraddizioni (p.es. la critica del libro, fatta da uno scrittore) sono una forma dell'amore/odio verso quel misterioso nodo di conoscenza/vita verso cui sempre tende l'artista, e l'obiettivo vero sarà piuttosto l'uso sbagliato della lettura e del libro, come si trova anche in Hesse ("Una biblioteca della letteratura universale") o, più di recente, nel film "i centochiodi" di Olmi.
ma mi fermo qui, la scrittura di R.L. Stevenson è ben più arzilla della mia, almeno questa sera...del resto lui quando scrisse questo testo, nel 1877, mica aveva passato la giornata a compilare dichiarazioni dei redditi...

"Il cosiddetto ozio - che non è affatto il non fare nulla, ma piuttosto il fare una quantità di cose non riconosciute dai dogmatici regolamenti della classe dominante - ha lo stesso diritto dell'operosità di sostenere la propria posizione. E' assodato che l'esistenza di gente che si rifiuta di partecipare alla grande corsa ad handicap per qualche monetina, rappresenta un insulto e un disinganno per chi invece vi partecipa."
"E' doloroso aver faticato tanto, aver scalato le cime più impervie, e al termine dell'impresa scoprire che l'umanità non prova alcun interesse per la tua impresa. Ecco perché....tutti coloro che hanno una professione si alleano nello svilire chi non ne ha una."
"Mentre altri si riempiono la memoria di una quantità di parole inutili, che dimenticheranno prima di una settimana, l'ozioso può imparare qualcosa di veramente utile: suonare il violino, riconoscere un buon sigaro, parlare con garbo e naturalezza a tutti i tipi di uomini. Molti di coloro che "hanno studiato i libri con diligenza"...si dimostrano aridi, rigidi e dispeptici in tutte le migliori e più brillanti attività della vita."
"[L'ozioso] non scoprirà verità straordinarie, ma neppure accetterà cocenti falsità. Il suo cammino lo porta verso una strada fuori mano, poco frequentata...."
"L'attività frenetica, a scuola o in università, in chiesa o al mercato, è sintomo di scarsa voglia di vivere. La capacità di stare in ozio implica una disponibilità e un desiderio universale, e un forte senso dell'identità personale. C'è in giro molta gente mediocre, semi-viva, che a malapena è consapevole di vivere, se non nell'esercizio di qualche occupazione convenzionale...non hanno curiosità, non sanno abbandonarsi alle sollecitazioni del Caso, non provano piacere nell'esercizio delle loro facoltà se non hanno uno scopo. E se la necessità non girovagasse loro intorno con un bastone, sarebbero proprio immobili. E' inutile parlare a queste persone: non possono stare in ozio, la loro natura non è abbastanza generosa."

Quest'ultimo pensiero, nella sua caustica ironia, è come un paio di occhiali che finalmente permette di vedere nitidamente il mondo in cui viviamo, istantaneamente diventa parte del pensiero di chi legge, così naturale ed esatta è la sua misura.
Per noi vedovi inconsolabili dell'onestà intellettuale, onore a Stevenson, e rimastichiamo affranti le bucce esangui dei dibattiti politici, etici, culturali e spirituali di cui i media abbondano.
Salute a tutti, donc, e buona lettura da bonaventura.

ridiamoci sopra (per non farcela sotto)

Family Day?
beh, un sorriso me l'hanno strappato
altri si stracceranno le vesti
speriamo non comincino a stracciare documenti...
come si dice in questi casi?
ah, si, IPOCRISIA.
comunque, il primo link qui a fianco per scacciare i cattivi pensieri.
che dio o chi per esso ce la mandi buona, o almeno simpatica.
pace, in attesa di altri Happy Days.

PS il link l'ho eliminato...cercando di rimuovere anche il ricordo...

sarà che è notte

ma non voglio lasciare le briciole al sonno
certo non posso continuare a dormire meno di cinque ore per notte, ma perché no?
è in nome di un'idea di salute che lo dico
le briciole, è quello che molti, in fondo, vogliono da qualcuno, perché addentare il momento è troppo
ho appena finito di bere una birra, qui accanto il mio scritto attende l'ennesima lettura mentre navigo nell'incertezza
al piano di sopra chiambretti intervista ben jalloun e carlo freccero sulla vittoria di sarko, scrivo sarko solo perché non mi ricordo la grafia di tutto il cognome e non ho voglia di aprire google per cercarla, mica per una confidenza da finanziere
curioso come ci si debba sentire sicuri di una persona che dice che, poiché è figlio di immigrati, non c'è da temere tendenze discriminatorie. ora, fatte le debite proporzioni, è una provocazione, è come se hitler avesse detto: sono scuro di capelli e poco aggraziato nel fisico, non c'è da temere che voglia creare una razza ariana, qualsiasi cosa voglia dire, perché farebbe molto ridere. faceva ridere davvero, ma era troppo tardi per poterlo dire a tutta quella gente che non aspettava altro che delle semplificazioni immuni dal buon senso, compreso il senso dell'umorismo.
virginie fa sul serio, e dice bene, come spesso accade.
sarà che è notte e la birra è un poco amara.