mercoledì 24 settembre 2008

flashes e dediche



Si dice che gli psicopatici, persone in nessun modo turbate da una coscienza, siano dei generali e dei politici di inarrivabile efficienza.
(Anna Funder,
Stasiland - tradotto e pubblicato in italiano da Feltrinelli con il titolo C'era una volta la DDR - pag. 55)

Dando dar credito all'autrice della folgorante citazione che di queste cose se ne intende, come testimonia il suo meraviglioso/agghiacciante saggio romanzato sulla vita in Germania Est da cui essa è tratta, mi vengono in mente alcuni curiosi corollari:
il primo è che la classe politica italiana ha quasi sempre goduto di ottima salute psichica; il secondo è che ora, invece, chi è al governo, qualche problemino ce l'ha, mentre la sinistra continua la sua passeggiata di salute; il terzo è che l'etica degli psicopatici sta diventando - non vorrei dire che è già diventata - la norma, una delle tante rassicuranti maschere di un'umanità ancora troppo stupida, legata alla brutalità ottusa del potere economico e politico; infine, il quarto, è che è una volta di più evidente che "le parole sono importanti", dietro alle parole si sono voluti nascondere orrori, soprusi, connivenze, nel sempre uguale e atossico lessico della prepotenza. Se al posto di efficienza iniziassimo a parlare di - e di conseguenza ad agire con -
rispetto oppure onestà forse potremmo pensare a chiamarci fuori da questa follìa sterile e senza immaginazione.

lunedì 22 settembre 2008

in memoriam

Aulo Gellio visse nel II secolo dopo Cristo.
Esponente dell'alta società romana, viene ricordato per le sue Noctes Atticae (Notti Attiche), opera in venti libri dove egli, in brevi capitoli, si dedica a compulsare e commentare i libri letti nel corso di una vita della quale non si conoscono che pochissimi dati.
E' un'opera preziosa, spesso unica fonte per documentare l'esistenza di opere andate perdute, delle quali riporta citazioni e frammenti, scritta in uno stile godibile e vivace.

Lo immagino, il vecchio e poco originale Aulo, alla luce di un fioco lume, intento a raccogliere le idee, mentre il pennino crepita sulla pergamena o sul papiro. Non scriveva il pianto che gli bagnava la mente, riversava invece con mentalità quasi medievale le citazioni interrogandole e mettendole a confronto, alla ricerca di un punto di vista più vicino alla verità. Conservando ancora residui della celebre pragmaticità latina, non fu feticista del "libro", ma un "alto-borghese" pronto a sceverare la formazione dal gioco intellettuale.
Lo immagino, sentendomi a lui vicino, divorato da un desiderio di conoscenza il cui senso a volte mi sfugge, ma che spesso non è nient'altro che voglia di dare voce alla mia indignazione.
Eppure, fatta la tara del "classico" pregiudizio dispregiativo sulle masse inadatte alla cultura, quanto poco basta a farlo uomo ben più avanzato e aperto dei nostri contemporanei.
Lascio a lui la parola:
"..ho sempre avuto presente il detto di quel famoso personaggio di Efeso (Eraclito ndt): certamente essere vero che 'le molte conoscenze non arricchiscono lo spirito'; e veramente nello svolgere e percorrere gran copia di volumi, durante tutti gli istanti che potevo sottrarre agli affari, mi sono tormentato ed ho faticato, ma non ricavai da essi che poche cose atte a condurre gli spiriti aperti e ben disposti al desiderio di un'onesta cultura...mi sono limitato a presentare gli elementi e, per così dire, degli assaggi delle arti liberali, quelle arti di cui non è certo inutile e tantomeno sconveniente che un uomo ben educato abbia sentito parlare e si sia occupato." (dalla Prefazione)

Le arti liberali, quelle discipline finalizzate alla formazione di uomini liberi. Reminiscenze scolastiche: per quel tempo erano grammatica, dialettica, retorica, aritmetica, geometria, astronomia, musica.
Forse bisognerebbe ripartire da qui, da un'altra idea di libertà, da un'altra idea della cultura di massa, una cultura che non sia né un lusso né un gioco di società, né tantomeno una merce, ma una necessità, il segno della fine dell'indigenza, utopia del cittadino consapevole e attivo.

E' appena iniziata la scoperta dell'uomo, e già si vuol far credere che non c'è più niente da scoprire. E' un'alba e si cerca di farla passare per tramonto.

martedì 9 settembre 2008

Farsaglia (ovverosia: viaggio in Italia)

per la sua somiglianza fonetica con farsa
se non fosse che in Italia, come ha detto recentemente Carlo Lucarelli, uno dei pochi "intellettuali" o "letterati" impegnati e coraggiosi, persino i segreti di Pulcinella e le farse fanno un po' paura, come la faccia bonacciona e stupida di un potere bambino prepotente e viziato, brutale nella sua cecità

è una transizione difficile - se di transizione di tratta - dove è arduo non credere che si materializzi l'analfabetismo secondario di Enzensberger, "vale a dire la progressiva dimenticanza delle nozioni acquisite in età scolare e l’abbandono della pratica della lettura. Poiché l’analfabeta secondario prolifera in tutte le professioni, merita il titolo di rappresentante elettivo della società contemporanea, riluttante a sottoporsi alla fatica di pensare. È accaduto così che l’incompetenza di massa sia diventata costume e ovunque risuoni una parola gridata, priva di senso, che non promette nulla di buono." (citazione da qui)
per cui chiunque può rimettere allegramente in discussione indifferentemente storia e cronaca, economia e cultura. fare le pulci e dare smentite è sempre tardivo e quasi sempre inutile, quando non semplicemente speculare per scorrettezza. i "casi" Alemanno e La Russa non sono che l'ultimo esempio in ordine temporale.
ed è inutile lamentare la scomparsa di personalità, come Pasolini, sulla prima pagina del Corriere della Sera, o come Dionisotti, impegnati a tenere vivo il legame tra cultura e vita civile.
con buona pace di chi blatera sulla scuola e i grembiulini in un paese che, solo cento anni fa, contava quasi il 50 percento di analfabeti.

e dove pullulano le lapidi in memoria caduti ma non in monumenti in vergogna dei mandanti, ancora funziona la retorica della guerra e non la realtà della miseria e dell'inettitudine.

lunedì 1 settembre 2008

mezzoforte


dal giardino, le voci dei vicini
vedo la tavola illuminata, sotto il pergolato, nella notte.
è come un sogno. come un ricordo di cose mai accadute, ma che sono l'infanzia e la vita.
nella notte silenziosa e punteggiata di luci artificiali contro i ladri e il buio, contro la paura e la solitudine. come se la realtà fosse già ricordo, fosse una speranza viva e già tradita.
ed è una immagine perfetta per la mia malinconia.

i vicini solo sfiorati, con le loro vite silenziose, sconosciute, che si aprono per un momento, non sapendo di essere ascoltate.
nella distanza, la poesia, senza stanchezza, senza significati determinati ma un canto di bambini da riempire secondo fantasia.
una lente puntata verso l'assorbimento delle angosce borghesi e banali. riappropriarsi del giardino e della notte. riappropriarsi del sogno, perché qualcosa della vita rimanga mentre i bambini vogliono tornare a casa.

sullo sfondo, rumori indistinti.
la ventola della camera da letto, il passaggio di qualche automobile, qualche motorino carico di schiamazzi, scricchiolii di zanzare catturate dalla luce viola, echi di cani lontani.
come nel corpo, non c'è mai silenzio vero, tra battiti del cuore e gorgogliare del sangue dietro i timpani, nella gola.
e il respiro impercettibile, il filo che ci tiene e ci lega.
non può finire, eppure finisce. i bambini tornano a casa e sono contenti.