lunedì 30 giugno 2008

vicinanza del mare e della musica


22 giugno 2008, Parco S.Giuliano (Mestre)



conquistati i biglietti per il concerto dei Police senza troppa fatica

da ieri siamo in giro, dapprima ospiti da amici, nella loro bella casa ristrutturata sulle colline veronesi
un piccolo viaggio nella memoria, questa mia compagna ogni anno sempre più grande e ogni anno sempre più fresca, memoria facoltà dei poeti e dei musicisti. aggiungo anche degli uomini onesti, così, per non darmi troppe arie.
Verona città del servizio militare, quindici anni fa, ritorna dalla finestra degli studi e delle amicizie casuali. la loro casa sta accanto ad una chiesa in disuso, in una sorta di agglomerato rurale in corso di sistemazione. gli ambienti sono belli e mi sento a mio agio tra il parquet e le piantine di basilico, tra il sottofondo di musica indiana e l'aperitivo di vino bianco frizzante con succo di fragola. ma cuore e mente vanno ad un'altra velocità, a rispolverare lati creduti dimenticati fatti di scorci di cielo e di profumo di lavanda, così rigogliosa fuori della pizzeria col suo enorme cane a riposo, con il suo schermo con la partita Olanda-Russia, con il pizzaiolo compagno di balbuzie che è venuto al tavolo a chiedere se poteva sostituire la mozzarella di bufala con lo stracchino di bufala.
parole, respiri, qualche zanzara sul sottofondo di citronella delle torce. un po' d'amore abbandonato riacciuffato per un soffio. il tempo è sempre un mistero.

dopo la passeggiata nel giardino dei ciliegi e dell'uva, al concerto.
l'abbondanza di presenze femminili mette ancora una volta alla prova la mia pazienza.
ma il parco è davvero bello, affollato eppure stranamente silenzioso...lo spazio arriva dove non arrivano il rispetto e l'intelligenza.
bikini, reggiseni, boxer, gadget della birra Heineken ovunque (magliette, fazzoletti, cappellini, borse, mini-tende, racchette...avranno guadagnato di più così che dai concerti...chissà...). un caffè, una fetta d'anguria, e una barchetta fatta con la scorza e i fazzoletti, accanto allo stand di distribuzione dei preservativi, dove una ragazza con una gonna di jeans platealmente sottodimensionata mi ha donato in visione tutte le sue intimità. io giocavo con la barchetta.
birra ovunque. nell'attesa dei miti della mia precoce adolescenza.
ma prima Alanis Morrisette, che non ho mai potuto soffrire, mi ha fatto innamorare di lei. finalmente nella pienezza del suo florido corpo di donna, è di una bellezza folgorante, una voce cristallina, il gruppo che girava a meraviglia. e poi aveva una chitarra trasparente, come fatta di vetro, dio quant'era bella sulla sua bellezza...
dopo, la partita, dopo, altre due birre e un panino con i peperoni, dopo, loro. in trio. Sting, Copeland e Summers. anziani, certo, e chissà cosa dovevano essere trent'anni fa se oggi, per due ore, hanno tenuto il palco con sicurezza e scioltezza, energia da vendere, improvvisazione e precisione impeccabili. sbagliando col sorriso.

al concerto, all'evento di massa. la vita sembra scorrere potente, più vicina, più nitida, riconoscibile. ognuno che cerca di afferrarne scampoli, giovani o travestiti da giovani, come a carpire il segreto del tempo, di luce propria o di luce riflessa, soli o satelliti. forse è solo un'impressione che la vita sia più vera e davvero consumata senza residui. forse è giusto così. a respirare gli intervalli, come una preghiera mormorando frammenti di canzoni o gridandole tutte intere.

venerdì 13 giugno 2008

il mio "contemptu mundi"


milano stenta a riprendersi una serenità anche solo meteorologica
il sole passa malamente sotto il grigio tumido e caldo delle nuvole

mattinata in giro per uffici, anche se la scadenza delle tasse è lunedì
voglio stare lontano dallo studio, dal telefono in perenne allarme, dalle ansie e soprattutto dall'arroganza media dei clienti, che ogni anno reclamano, pontificano, criticano, senza avere la minima idea di che cosa stanno dicendo

intanto in moto mi godo la corsia preferenziale degli autobus, sveltendo il percorso sulla circonvallazione affogata. guardo scorrere i finestrini delle auto ferme, come fossi sul treno

l'Agenzia delle Entrate di Piazza Stuparich offre lo stesso panorama di sempre, un baretto appena fuori dall'ingresso, lastricato di legno scuro, con un anziano abbandonato sulla panchina, fila al banco di rilascio dei numeri, ma nessuno protesta quando passo avanti, ho già un appuntamento.
nel complesso me la sbrigo in fretta, la funzionaria giovane, carina e partenopea mi manda al primo piano, in un ufficio dove stanno in quattro. una signora, che mi ricorda la mia prof. di francese mi chiede se mi da fastidio il fumo, e si accende una sigaretta. donna interessante, sarcastica, intelligente, che ha l'aria di essere sempre al di sopra delle parti. il funzionario che mi segue è cordiale, sveglio, e lui invece mi ricorda il mio primo insegnante di chitarra. nel complesso un'atmosfera accogliente, con gran sfoggio di sorrisi e attenzioni. fosse un ristorante, ci ritornerei.

poi mi invento un nuovo percorso per arrivare fino in via Melchiorre Gioia, all'INPS. attraverso la zona Fiera, arrivo davanti al Cimitero Monumentale, e in poco più di 10 minuti sono a destinazione. un ragazzo nero, fuori del cancello del mostruoso palazzo dell'Istituto, distribuisce timidamente dei volantini di una finanziaria. la luce cambia rapidamente e violentemente, da gialla a blu a quasi viola, gonfia di pioggia ipotetica e tesa che non si degna di cadere.
arrivo al terzo piano, e mi trovo proiettato negli anni '60. insegne per le uscite e le direzioni in perfetto stile d'epoca, rosse su fondo di metallo grigio. stanzone semivuoto, i cavi elettrici pendono come tendini o ragnatele sui computer, sembra tutto prossimo al crollo. arriva un imprenditore sui 50anni, nel pieno della prepotenza e delle solite lamentele echeggianti nelle teste vuote, "ormai bisogna aspettare dappertutto", e sbuffi a preduta d'occhio. lo ignoro felicemente.
il funzionario mi rimanda ad un collega "tutto in fondo a sinistra". dove mancano anche le piastrelle per terra e sembra un cantiere in costruzione. ma la stanza esiste. il signor M. è all'estremo angolo del fabbricato, dietro uno scaffale coperto da due poster sulle vacanze in Trentino di vent'anni fa. è circondato dalle piante, a terra e sopra al mobile-archivio dietro di lui. foglie mezzo riarse immerse in bottiglie di plastica tagliate, piccole magnolie, due bottiglie di vetro vuote. lui ha il volto scolorito come un tessuto colpito da candeggina. quieto, remissivo, con problemi di pronuncia. rivendica le vessazioni subite dal collega P. e minaccia denunce, a fatica. con desolante e commovente insicurezza. impossibile non sentirlo subito fratello.

torno in ufficio, in via Giambellino vedo una vecchia signora spettinata e con stampelle, nel suo vestito a losanghe gialle e marroni, senza denti, demente. poggia i fianchi a lato di un ingresso di casa popolare che porta una coccarda grigia di lutto. faccio in tempo a sentire che viene invitata a spostarsi in malo modo da due giovinastri che devono entrare nel portone in scooter. per un istante penso che dovrei passare una giornata in moto in giro per la città a scattare foto.
la nostra epoca è grigia sin d'ora, non è scolorita come l'Antichità o il Medioevo.
le piante danzano respirando, invisibili, il mutare dei tempi.

mercoledì 4 giugno 2008

atmosfera/2

una delle notizie del giorno era questa, presente su molti altri quotidiani, sulla divergenza aperta tra Berlusconi e Lega a proposito del "reato" di immigrazione clandestina.

sul TG5 delle ore 13 silenzio assoluto. per dire, casomai (o cazzomai, come diceva Montesano travestido da signorina che, per fare la fine, pronunciava la s come z) ce ne fosse bisogno, che bellezza di informazione.

e, giusto per ricordare che la nostra non-politica arriva anche all'estero, ecco un articolo doloroso in un sito interessantissimo

atmosfera


piove, piove

la gatta non si muove

nemmeno l'Italia