lunedì 19 novembre 2007

premio di consolazione


il Silvio a volte devo anche ringraziarlo, Luttazzi è tornato, però l'ex premier continua a farmi ridere molto
questi coup de theatre sono meravigliosi, sfacciati, favolistici:
7 milioni di firme e nasce il "Partito del popolo (Italiano) delle libertà", grazie ai Circoli della M.V. Brambilla.
il Silvio è arrivato secondo in questa decadente gara al finto nuovo, e, ca va sans dire, non amando arrivare secondo, le spara grosse
primo effetto: da oggi mi farà un po' meno schifo il nome Partito Democratico, che tanto mi indignava
meno male
a pensarci bene, il nuovo nome della corte (presunta e auspicata, credo, ma vedo - con soddisfazione - recalcitrante) del Berlusconi somiglia molto a quello del vincente partito della destra nazionalista danese, e devo dire che, a pensarci bene, non posso ignorare il retrogusto grossolano e violento di un nome simile, omnicomprensivo, totalizzante, e, sì, diciamolo senza timore di esagerare, totalitario
Partito Democratico è tautologico, buonista, bamboccione, furbo, con tratti di idiozia, Partito del popolo delle libertà sa di fanatismo, non c'è niente da fare
meno male che la cifra di 7 milioni, a non voler considerare la baracconata, è abbastanza ridicola, e le vignette di Staino (dei giorni 19 e 20 novembre) valgono bene una visita.
il problema, casomai, è la mancanza di umorismo celato dietro, sopra, sotto, dentro il popolo

infine, tanto per pensare:
DISTOPIA: per distopìa (o antiutopìa, pseudo-utopìa, cacotopìa o utopìa negativa) si intende una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista. Il termine è stato coniato come opposto di utopìa ed è soprattutto utilizzato in riferimento ad una società fittizia (spesso ambientata in un futuro prossimo) nella quale le tendenze sociali sono portate ad estremismi apocalittici.

Secondo l'Oxford English Dictionary, il termine fu coniato alla fine del XIX secolo dal filosofo John Stuart Mill, che si serviva allo stesso tempo anche di un sinonimo creato da Bentham: cacotopìa. Entrambe le parole si basano sul termine utopìa, inteso come il luogo dove tutto è come dovrebbe essere. Distopìa è quindi l'esatto opposto, cioè un luogo del tutto spiacevole ed indesiderabile. Spesso la differenza tra utopìa e distopìa dipende dal punto di vista dell'autore dell'opera. I testi distòpici appaiono come opere di avvertimento, o satire, che mostrano le tendenze attuali estrapolate sino a conclusioni apocalittiche. La differenza con l'utopìa sta quindi nel fatto che la distopìa si basa su una società attuale, spostando però l'interesse su un'epoca e un luogo distanti o successivi ad una discontinuità storica, come nelle opere fantascientifiche di H.G. Wells.

Alcune caratteristiche sono comuni alla maggior parte dei romanzi distopici del Novecento:

  • È presente una società gerarchica, in cui le divisioni fra le classi sociali (o caste) sono rigide e insormontabili
  • La propaganda del regime e i sistemi educativi costringono la popolazione all’adorazione dello stato e del suo governo, convincendola che il proprio stile di vita è l’unico (o il migliore) possibile
  • Il dissenso e l’individualità sono visti come valori negativi, in opposizione al conformismo dominante
  • Lo Stato è spesso rappresentato da un leader carismatico adorato dalla gente e caratterizzato da un culto della personalità
  • Il mondo al di fuori dello Stato è visto con paura e ribrezzo
  • Il sistema penale comprende spesso la tortura fisica o psicologica
  • Agenzie governative sono impegnate nella sorveglianza continua dei cittadini
  • Il legame con il mondo naturale non appartiene più alla vita quotidiana.
buona settimana a tutti.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

In riferimento a libri/film ci metto: 1984 di George Orwell, Equilibrium e V come Vendetta.

Gianluca ha detto...

sottoscrivo appieno cara.