giovedì 8 novembre 2007

una giornata di bonaventura, anzi quasi due

(ehilà, non dimenticate la pubblicità progresso più sotto, per amicizia o per pietà)

camminavo, nel mattino lucente e freddo come marmo, o come una casa sul mare vuota, dio che voglia e nostalgia del mare, senza auto, appena lasciata dal meccanico, odore di erba sotto il gasolio. camminavo, elastico, respirando il calore del mio corpo.
e mi sono accorto che era stata sradicata la cabina del telefono che stava all'angolo della via in cui ho abitato per quasi trent'anni. una cabina che in gioventù assaltai in compagnia di amici, come in seguito fecero molti altri disperati credendo di divertirsi. cabina quindi che è sempre stata assai malconcia e quasi mai funzionante. ormai faceva parte del paesaggio, credevo rimanesse lì per sempre, simbolo percepito ormai inconsciamente...per sempre, già...avevo attribuito ad una cabina del telefono in rovina un'eternità che non poteva permettersi, che nessuno si può permettere...


ieri, un'altra giornata bellissima, l'estate fredda dei morti come diceva Pascoli, prolungata, eburnea, semitrasparente, noncurante, persino florida nei colori, florida come una donna, che meraviglia le donne, così ricche di sapienza, di bellezza, ossessionate e distrutte dal peso, dalla pelle, dagli uomini stupidi che le fanno stupide e viceversa, mentre i pensieri, gli occhi, ne muoiono, e sogno i corpi che infrangono le linee scontate delle copertine, pensieri che infrangono i titoli, che abbondano di seni e di fianchi, che suggeriscono calori nascosti, donne come frutti quasi troppo maturi, sembra troppo tardi invece è perfetto, il pieno della vita prima del dolce declino, corpi-frutti rigogliosi, sfuocati, golosi, stillanti umori e odori, che riempiono le gonne, che lucidano di tensione i pantaloni, e i tacchi, questi sì, evocatori di lussuria, complicità, poesia e vino. voler far l'amore è gratitudine, ammirazione, desiderio di conoscenza, omaggio alla grazia, non un'offesa.

ieri, in moto fino a cremona, per via dell'università. cremona, città rastremata in una campagna quasi irraggiungibile, campagna generosa. grassa, come il loro dialetto. bisogna fare attenzione alle foglie degli alberi, a cremona. si infilano nel colletto del giubbotto, hanno le ossa e picchiano duro sul casco, come avere la testa in un tamburo. che freddo che avevo, avrei dovuto mettere i pantaloni di velluto invece dei jeans, la vescica mi stava scoppiando, le dita delle mani, pur sotto guanti pelosi e spessi, immobili e dolenti come radici, il pensiero invece acuto, teorizzavo, montavo e smontavo il mondo. la balbuzie come metafora dell'improvvisazione, come arte dell'improvvisazione, mi dicevo. niente male, anche, mi sono detto. ed ho superato il test musicale a pieni voti, dopo aver bevuto un tè artificiale bollente, ed aver vuotato la vescica.


festeggiare, bisogna. istanbul kebap. nove euro per due panini falafel, patatine fritte e una birra. ho esagerato, lo ammetto, mi sono sentito grasso, pieno di cipolla e inadeguato in genere, ma minchia che bontà. dietro di me tre donne. tre donne intorno al cor mi son venute, ancora e sempre. cremona parigi in minore, la metrica tiene. due albanesi, i cibi simili ai loro, dicevano, sarà stato l'effetto delle guerre, dei cinque secoli di dominazione, si dicono con il turco al bancone. mangiano di gusto, la terza è italiana. pace a loro. entrano due ragazzi, uno con lo skateboard, un pasto al McDonald's e uno al kebab. belli, felici e chiacchierini. oscuri quanto richiede la loro età. ecco cosa annotavo sulle pagine del libro che avevo con me:

il cibo unisce
dopo le guerre
prima dell'amore
il cibo unisce
le parole dei giovani
gli sguardi dei vecchi
cibo e poco denaro
la povertà e il tempo
la povertà e la giovinezza
il tempo e l'amore
il cibo e la gentilezza
.

ecco cosa accade a saper guardare ed ascoltare, in culo a quelli che commentano indignati, a quelli che vivono nel pianeta delle scimmie, senza saper sorridere o stringere la mano. io mi commuovo, anche per i festanti palermitani alla cattura dei nuovi boss, per il loro calcistico orgoglio siciliano, alla faccia dei nordici dimentichi delle periferie represse e oppresse.
Si sono fortificati: difesa è la parola d'ordine. Difesa e sicurezza. Per marcire negli agi. (Henry Miller, Tropico del cancro)
riprendo la moto, il sole ha riscaldato l'aria, i pensieri, l'asfalto.
eccetera.

4 commenti:

virginie ha detto...

sopra il mio velux il cielo è azzurro chiaro, due nuvole si affacciano alla mia finestra, ma il sole è caldo e il riscaldamento spento. vado.

Gianluca ha detto...

anche qui continua l'insolita primavera, profumata di camini. buona giornata cara, grazie, come sempre, della visita. baci.

Unknown ha detto...

toh, un vicino di casa?

Gianluca ha detto...

un vicino saltuario, direi...vengo a cremona per ragioni di studio, ma lavoro e abito nei dintorni di milano...grazie della visita.