mercoledì 17 ottobre 2007

my favorite things/1


fare felici gli amici è qualcosa che rimette in pace col mondo e con sé stessi. fare felici direttamente sé stessi, poi, non ne parliamo.
il fine settimana è stato una bellezza: l'addio al celibato ha avuto successo, l'assaggio del corso di musicoterapia mi ha ridato carica ed entusiasmo, il concerto pare abbia sviluppi positivi...all'appello manca solo qualche ora di sonno...
ma andiamo con ordine: a Milano, da qualche tempo, l'Istituto dei ciechi sta proponendo un'iniziativa dal titolo "Dialogo nel buio", che consiste in una visita guidata (la guida è un non-vedente o ipovedente) naturalmente completamente al buio, attraverso ambienti diversi (una sorta di parco, l'interno di una casa, una strada con auto e bancarelle, una barca, ecc.) per provare a misurarsi con la mancanza della vista, ed esaltare gli altri sensi di solito lasciati indietro. beh, è stata un'esperienza fantastica, divertente e profonda. appuntamento sotto casa di Raffaele (il festeggiato) alle 18:45 per poter essere alle 19:30 in via Vivaio, nel centro che più centro quasi non si può, nello splendido palazzo sede dell'Istituto. all'ingresso si forma il gruppetto (noi siamo in 4, si aggiungono Mario e Marina, fortissimi coniugi di circa 60anni), bastone bianco per tutti e si parte. la nostra guida è stata Raul (ma non dubito che tutte siano eccezionali come lui), bravissimo nel quietare il disagio di trovarsi di colpo in un ambiente estraneo e totalmente nero. con abilità e umorismo ci ha guidato nell'esplorazione tattile ed uditiva degli ambienti, gli sconosciuti facenti parte del gruppo diventano subito compagni di avventura, l'atmosfera è quasi quella di una gita, ma con in più un confronto continuo ed immediato di impressioni ed emozioni. dai racconti di Raul pare che alcuni abbiano avuto crisi di panico e paura e siano dovuti uscire, invece noi tutti ci siamo goduti al massimo quell'ora e un quarto che sembra un attimo, perché al buio si perde la cognizione non solo dello spazio, ma anche del tempo, tanto da far venire il dubbio che Kant avesse ragione...Mario e Marina sembrava fossero vecchi amici di noi quattro quasi-adulti un po' cretini, ma poi, tra una bastonata sugli stinchi e un tiraggio di peli sulle braccia, ci siamo trovati, gran finale, al Cafénoir, un vero e proprio bar all'interno della mostra, ovviamente immerso nel buio più pesto, dove ci hanno servito un aperitivo. una cameriera (che Raul ha giurato essere molto carina, gli abbiamo creduto) è passata a prendere le ordinazioni, ed ha portato rapidamente patatine, arachidi, tramezzini, cocktails e caffè, facendoli strisciare sul tavolo verso le nostre mani tastanti, mentre due pianiste allietavano l'atmosfera suonando a pochi metri da noi, seduti attorno al tavolo, le mani posate sui bastoni bianchi, ormai abituati all'oscurità, affratellati e tutti spostati verso l'ascolto, le parole, le forme inesistenti. la vista è un senso veloce, la sua assenza inevitabilmente fa rallentare, percepire, sentire fisicamente, la vista è un senso straordinario e astratto, che può portare - paradossalmente - lontano dalla realtà, l'illusione della presenza, il mito della conoscenza...udito tatto olfatto gusto sono umili, primitivi, elementari, fisici, caldi, spessi, tridimensionali, austeri, magici, con la voce ci si può toccare, la parola riemerge potente dall'oscurità, dal bisogno di contatto.
Raul era un fulmine nell'orientarsi, nel riconoscerci dalle voci immediatamente dopo pochi minuti, nel sapere esattamente dove ci trovassimo all'interno delle stanze...siamo usciti arricchiti, entusiasti, dispiaciuti della brevità del percorso, convinti di conoscerci un poco di più di prima, pronti a continuare la festa, dopo aver salutato Mario e Marina, che in bicicletta si allontanavano quieti, continuando a parlare.

il seguito è stata la cena al Sud Dinner Bar, in via Solferino, sempre centro, ma di quello della vita notturna, "fighetto", jeans e stivali, camicia azzurra senza cravatta e giacca blu, aperitivo e lounge, rumori trucco pesante e profumi costosi. per noi avevo riservato un tavolo al ristorante, nella sala dove è collocata una "tenda berbera" con tanto di sabbia bianca soffice e fresca. via scarpe e calze, arrotolati i pantaloni...ma ahimé il locale era praticamente deserto. un anno fa lo avevo lasciato affollato e rumoroso, l'ideale per mettere in imbarazzo Raffaele dopo tre bicchieri di robusto vino rosso del sudafrica...invece abbiamo dovuto condividere la tenda con due coppie che limonavano pesante, allibite dalle nostre risate gutturali e dai nostri fiati avvinazzati/cipollati dopo aver mangiato kebab e polpette. inutile anche sperare di essere serviti dalla splendida barista nera, ci è toccato il cameriere filippino tarchiato. Davide e Gabriele, data la serata in vena di finezze ed eleganze, ad un certo punto hanno inevitabilmente proposto di simulare dei rapporti omosessuali, tanto per disturbare ulteriormente i quattro pomicioni dei tavoli accanto...comunque tre ore passate in un soffio (e due Jagermeister).
rimaneva solo l'ultima tappa: tirare tardi possibilmente ballando.
un breve giro alla rinfusa riempiendo l'auto di umorismo di bassa lega, ridendo fino alle lacrime, poi la decisione: Alcatraz, rock, pogare...parcheggiamo a distanza perturbante, incuranti dell'incipiente inverno che ci stava beccando in maniche di camicia.
pieno ed affollato, a scemare, qualche guizzo della nostra gioventù, AC/DC, Guns n'Roses, Metallica, Green Day, gruppi di ragazzi allegri, qualcuno un po' più bellicoso e ubriaco, lampeggiare di cellulari, sms, chiamate, e poco altro, a parte tre cubiste da far cadere le sopracciglia ad un pastore sardo...qualche sorriso, qualche spintone, io sono anche volato a terra durante un pogo, evento più unico che raro, ma ero senza gli anfibi di ordinanza, non si poteva pretendere...
completamente sudato all'uscita, eccoci sulla strada del ritorno. sempre noi, un po' più sordi, dopo la musica, sereni, aperti, vivi.
eh già, bisognerebbe uscire più spesso, dài organizziamo ancora, bellissimo stasera, ora doccia e letto fanciulli, sentiamoci presto, alla prossima, ciao.
la solita malinconia delle feste che finiscono, degli amici che se ne vanno, delle promesse non mantenute.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

E io che ti facevo un uomo serio :)
Ma, hai proprio ragione, ogni tanto bisogna anche staccare la spina del rigore e "bere dalla bottiglia" come dicono qui in Francia.

La descrizione dell'esperienza "buia" é quasi soffocante. Deve essere affascinante e spaventosa al tempo stesso.

Gianluca ha detto...

visto che roba? sono un miscuglio di gaudente e speculativo, come i goliardi del medioevo...

Anonimo ha detto...

Carmina burana...