martedì 25 settembre 2007

mediocrità e follia


dico, cominciamo bene, fin dal titolo (che, per inciso, è quello di una splendida raccolta di saggi di Hans Magnus Enzensberger, che non è un fabbricante di formaggi ma un poeta e intellettuale tedesco)
sì, cominciamo bene. questo, nelle mie intenzioni, voleva addirittura essere un post semibreve e con tratti umoristici, che, nella mia tendenza scrittoria inesorabilmente portata all'impegnativo, al riflessivo, sarebbe una quasi-novità
quindi basta introduzioni e cerchiamo di estrarre

è ricominciato l'anno, il vero anno dico, che è poi quello scolastico anche per chi a squola non ci va più. si comincia a lavorare veramente a settembre, perché le vere vacanze, per moltissimi, sono quelle estive, non quelle invernali, che non fai in tempo a riassorbire lo sfondo di panettone spumante e lenticchie che si agita dietro gli occhi che sei di nuovo davanti allo schermo luminoso del pc, che ti fissa imperscrutabile e ottuso come l'ultima volta. senza "che", capite bene, non si va da nessuna parte
e a settembre ricomincia tutto e, quel che è meglio, tutto insieme.
palestra nuoto ballo latinoamericano maneggio tennis corso di pittura scuola di musica seminari di cucina e degustazione vini corso di inglese francese spagnolo russo arabo corso di sub e nodi marinari per noi per i bambini per le nonne da scarrozzare.
e giù a compilare come ossessi le agende, gli organizer di carta o quelle su palmare per i più danarosi, ad incastrare fitness e visite ai parenti, bachata e poppate dei pargoli, la spesa la domenica alle 14, le pulizie notturne del bagno, l'aspirapolvere in camera il sabato mattina alle 6 tanto il vicino è sordo poi torno a letto dieci minuti, il cinema il mercoledì sera che c'è lo sconto e il sonno che divora lentamente le gambe salendo dai polpacci
situazione che, puntualmente, ci lascerà come stracci galleggianti sull'acqua a giugno quando, tutto insieme, finirà di colpo lasciandoci in balia dell'inestinguibile stanchezza di cui non ci eravamo accorti. per i più fortunati qualche strascico dovuto a manifestazioni collettive o "numeri speciali" fuori programma, aiuterà a lenire il senso di smarrimento.
beh, ci sono dentro anche io: musica due sere la settimana più eventuali concerti (scuola e gruppo), corso di musicoterapia venerdì sera e sabato bisettimanali, kung-fu due sere la settimana, cinema mercoledì, studiare e scrivere la notte, mentre lavoro, mentre dormo
ogni anno qualcosa di più, diamine, si vive una volta sola e non posso marcire in ufficio, no?
appena finito di delirare, mia moglie mi guarda perplessa
mi guardo nello specchio perplesso, io, fiero avversatore della baraccona "cultura del fare" gemella della "cultura dell'indifferenza"...
perché poi questi ingranaggi vivono di vita propria (come i cavi della chitarra che si annodano inspiegabilmente, ma è un'altra storia), e mi ritrovo a dover correre dietro all'orologio, a inveire nel traffico perché mi salta la coincidenza, a non rispondere al telefono perché "devo scappare"

e allora basta, in un - ennesimo - sabato di amaro esame di coscienza ho avvertito troppo chiaramente tutto il "fascismo" di questa vita organizzata al millesimo, di quel "fascismo delle cose" di cui parlava Pasolini nei suoi ultimi scritti (Scritti corsari e Lettere luterane) che con la loro semplice ma irremovibile e indubitabile presenza violentano la sensibilità di ognuno di noi. senso di inaridimento, tentativo di risolversi completamente in qualcosa o qualcuno, fuga (dalla libertà?)
l'eccesso di importanza dato al tempo finisce per rovesciarsi in schiavitù e annientarne la percezione, ma non misticamente, bensì brutalmente. i giorni non si perdono nell'intuizione di una fuggevole quiete, di una fragile bellezza non appena ci si sofferma ad osservare ed ascoltare, tra volti amici e passioni nobilitanti, ma vengono risucchiati in un rumoroso vortice, un maelstrom, una macchina da guerra per annientare il silenzio e lo spazio, per impedire di sviluppare una sensibilità al silenzio e allo spazio, condizione necessaria anche per pensare, senza la quale abbiamo tutti qualcosa da perdere: la comprensione, la cortesia, il rispetto, la pazienza, la salute. senza generalizzare troppo, per carità.

così, mentre qualcosa si appresta a cadere dalla mia agenda, domenica, complici i compleanni vicini di me e di uno dei miei fratelli, ho portato la famiglia a pranzo fuori (tutti insieme, fratelli, mamma, nipoti). direte, che c'è di strano, ci voleva tanto?...beh, sì. per noi è stata una novità, dopo anni di conflitti assurdi. per salvare la futura memoria, perché il tempo guarisce tutto, il tempo non dimentica, il tempo ferisce, il tempo assolve, il tempo chiama, il tempo non ascolta. sono le vite che scorrono, e vi risparmio altre massime. del resto, di ogni verità è vero anche il suo contrario.
shantih, shantih, shantih

1 commento:

virginie ha detto...

a me il tempo perso sembra tutto tempo guadagnato