mercoledì 27 giugno 2007

dino risi e l'allunaggio

cielo terso, quartiere isola a milano, nuvole di polistirolo stagliate in rilievo sull'azzurro, poco più in là invece riccioli sfilacciati e oleosi, quasi grigi, e nel vento fresco l'eco di un temporale forse in brianza
avevano detto che da oggi le temperature sarebbero calate
l'appuntamento è saltato all'ultimo minuto. mi fermo a pranzo al nordest café, parcheggio la moto sul marciapiede accanto ai tavoli, lasciandola affondare lentamente nell'asfalto caldo e carnoso. guardo affettuosamente i miei guanti ridotti a brandelli che non mi proteggerebbero nemmeno da uno starnuto, nonostante le borchiature sul palmo. hanno almeno venticinque anni, passati dai miei fratelli a me, con le punte delle dita aperte e consunte, uno squarcio sul pollice destro, allacciatura in velcro inservibile, ma profumati di esperienza.
poca gente, all'aperto, quotidiani in consultazione, quattro piatti del giorno, scelgo un cous-cous tabulé o taboulé odoroso di menta e mezza mozzarella di bufala con verdure, afferro il bastone che rilega La stampa di oggi e vado al tavolo.
un divertente elzeviro della littizzetto su veltroni, una lettera aperta di gad lerner che chiede a veltroni come mai alla scadenza del suo mandato di sindaco non andrà più in africa a fare il volontario come aveva dichiarato di voler fare ma sarà invece il "leader" del Partito Democratico, ciarpame di governo e opposizione, dibattito sullo scalone maroni che pure con veltroni fa rima inquietante, di nuovo quasi mi offendo davanti a tanto uso sconsiderato e sciatto della lingua che punta dritto alla sua neutralizzazione
poi finalmente mi imbatto nelle pagine culturali, un'intervista a Dino Risi, classe 1916, che da 35 anni vive in un residence, si sente un fallito, pigro e indolente che gode immeritatamente della fama di grande del cinema, e simpatizza per i falliti, che non vede l'ora di morire, eppure è innamorato delle donne più che degli uomini, e come dargli torto accidenti, forse ostenta il disincanto del morituro, ma l'intelletto e lo spirito sono onesti: non vende certezze ed ha vissuto.
subito dopo l'inserto sulla scienza, e rimango due volte sbalordito. speciale sugli astronauti statunitensi che hanno camminato sulla luna. ignoravo quasi tutto: che sono stati dodici, che alcuni sono già morti, che è stato fatto un documentario su di loro (ragione del lungo speciale che stavo leggendo). e, su tutto, l'effetto devastante che l'allunaggio ha avuto sulle loro vite. crisi depressive, alcolismo, fuga dalla realtà, matrimoni naufragati, ripudio degli incontri pubblici (il più famoso, Armstrong), uno addirittura ha fondato un movimento per la conciliazione di scienza e religione, non riuscendoci, e prendendo poi le distanze dagli epigoni che cominciavano a spacciare i dodici astronauti come reincarnazione dei dodici apostoli. il mistero dell'anima dell'uomo si impone in tutta la sua forza, proprio nel cuore e nel racconto dei simboli del trionfo della scienza e della tecnologia. le fratture esistenziali, le aperture verso l'ignoto, il binario fantasma che ci si affanna a voler considerare morto. i trent'anni di cristo, i trent'anni di budda, le missioni degli apollo, persino i miei modestissimi trent'anni, senza queste crisi non saremmo più (o non saremo mai) uomini, mi dico, senza le emozioni, senza le parole vere per dirlo. per un attimo una verità, solo mia naturalmente, sembra soffiarmi il significato multiforme della vita, atea, religiosa, vera, falsa. ma è solo un attimo, che ho già dimenticato un'altra volta.

3 commenti:

virginie ha detto...

tesoro, questo post è così bello che avrei voluto scriverlo io, mannaggia

Gianluca ha detto...

mi imarazzi. e mi regali un piacere grandissimo. grazie.

Gianluca ha detto...

imbarazzi, volevo dire. vedi? mi fai sbagliare.