lunedì 18 giugno 2007

la cosa chiamata poesia/3

UN "IO" NON PUO' MAI ESSERE UN GRANDE UOMO


Un "io" non può mai essere un grande uomo.
Questo grande famoso è debole
agli amici è assai noto per la sua debolezza:
di cattivo umore a colazione, gli secca essere contraddetto,
il suo unico piacere è pescare negli stagni,
l'unico vero desiderio - dimenticare.

Procedendo dagli amici verso il sé composito,
l'"io" centrale è circondato dagli "io che mangio",
"io che amo", "io che mi arrabbio", "io che evacuo",
e il grande "io" piantato in mezzo a lui
non ha nulla a che spartire con tutti costoro,

non può rivendicare mai il suo vero posto
nella quiete della fronte, nella calma dello sguardo.
Il grande "io" è un intruso sfortunato
che litiga con l'"io che sono stanco", l'"io che dormo"
e tutti gli altri "io" che anelano a un "noi che moriamo".

(Stephen Spender, "Poesie", Mondadori)

4 commenti:

vanity ha detto...

e voilà la prova del nove della mia ignoranza: bah. che ne ricavo io? il peso di tonnellate di finta modestia e una spolverata di doveroso pessimismo. si è almeno suicidato il tizio in questione?

Gianluca ha detto...

dici il poeta o il personaggio? spender è arrivato alla vecchiaia più o meno serenamente, invece il soggetto non è noto ma è più che altro simbolico di una condizione umana lacerata, alla francis bacon...non è la sua migliore poesia forse, ma con sarcasmo e un filo di umorismo rinnova l'attenzione all'ipocrisia e al falso mito dell'(auto)affermazione di sé...prima o poi ne troverò una che ti piacerà...

Gianluca ha detto...

simbolo, non "simbolico". augh.

Gianluca ha detto...
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