martedì 25 settembre 2007

work in progress


nelle ultime settimane

ho letto:

- Semi di contemplazione di Thomas Merton, il famoso monaco cistercense autore di Nessun uomo è un isola. Questo libro da me appena letto è una raccolta di riflessioni, ben legate nello svolgimento però, intorno al tema della contemplazione secondo un mistico. Sapete bene (forse) che mistici e poeti sono per me gli Eletti. Bene, niente fraseologia all'acqua di rose, niente poesiole sul cielo e sull'acqua, niente sentori new-age in queste pagine, ma alta, profonda e sensibile indagine sull'animo umano, sulla tanto fraintesa vita interiore. Buon senso e vera conoscenza della spiritualità sono i pregi più importanti di questo raro volumetto risalente agli anni '40, trovato in una cartoleria di Sant'Arcangelo di Romagna quest'estate, in un'edizione Garzanti datata 1991, durante la festa di degustazione di vini Calici di stelle. Una volta superate le pagine di più stretta osservanza cattolica - seppure, sia chiaro e cosa non da poco, mai spentamente ortodosse né fastidiosamente untuose - regalerà una mole di spunti di riflessione e, certo, contemplazione, analisi e considerazioni sull'uomo e sulla società degne di figurare nei volumi di sociologia, di psicanalisi, di antropologia;

- I bu di Tonino Guerra (sì, quello dell'ottimismo è il profumo della vita). Il volume raccoglie tutta la produzione poetica in dialetto santarcangiolese fino agli anni Settanta dell'autore, che rimane uno dei più grandi poeti italiani del Novecento, secondo me (e secondo il ben più autorevole Pier Vincenzo Mengaldo). Ogni componimento una storia, un racconto, un monologo, tra gioia e follia, tra solitudine e crescita economica, sempre ricchi di umanità e malinconia. Guerra è stato, ricordiamolo, anche sceneggiatore di primissimo piano insieme a giganti come Antonioni e Fellini;

- Creazione senza Dio di Telmo Pievani. Recente volumetto nel quale l'autore - professore di filosofia della scienza all'università Bicocca di Milano - si impegna, con precisa e accurata preparazione e una punta di ironia, a fare una volta per tutte il punto della situazione della teoria scientifica del cosiddetto darwinismo, replicando saporitamente punto su punto ai sostenitori del cosiddetto disegno intelligente, venuti recentemente alla ribalta negli Usa (e anche in Italia). Gustoso, denso, intelligente, un saggio di correttezza divulgativa, di onestà intellettuale. Rende evidente che la menzogna prospera finché si riesce ad evitare che le premesse di una discussione siano messe ben in chiaro, politica italiana docet. Le bugie hanno le gambe lunghissime e amici molto interessati...

sto leggendo:

- Medioevo e Rinascimento di Eugenio Garin. Una densa raccolta di saggi tra storia, filosofia, letteratura e storia delle idee dello studioso che più di tutti ha contribuito a cambiare la visione dell'Umanesimo. Insomma, di storia totale alla maniera di Le Goff, Duby, Braudel, Bloch e tanti altri. Esemplare ricerca su ciò che è sopravvissuto, ciò che è superato e ciò che non è mai esistito nella storia europea tra Trecento e Quattrocento. Imperdibili i saggi sulla magia, finalmente vista nella sua vera dimensione - in quel tempo - di premessa al cambiamento avvenuto nei secoli successivi, rivoluzione scientifica in testa. Quella magia che, fino al Trecento, era stata relegata al di sotto della ragione, negli spazi della blasfemia, diventa simbolo della libertà dell'uomo, della sua capacità creativa, del suo farsi incessante e senza cammini obbligati. Pur restando un vero e proprio guazzabuglio teoretico, è stato un passaggio fondamentale, che forse oggi stiamo percorrendo a ritroso, se è vero come è vero che esistono libri dal titolo A tavola con gli Elfi...Comunque, lavoro capitale, e ottima lente per posare lo sguardo sul mondo contemporaneo;

- La nàiva, Furistìr, Ciacri di Raffaello Baldini. Un ampio volume che contiene quasi l'intera opera poetica dell'altro grande santarcangiolese. Lingua più aspra, racconti spesso più lunghi, ma come un'identica atmosfera. Un racconto realista sull'uomo, sull'ostinata resistenza delle illusioni e la realtà che invece va avanti da sé;

- 11/9. Il cospirazione impossibile a cura di Massimo Polidoro. Raccolta di saggi a cura di vari esperti (ingegneri, filosofi) sull'analisi dei motivi che stanno alla base delle varie teorie del complotto sull'11 settembre (le esplosioni, il crollo delle torri ecc.). Lo spirito è simile a quello del volume di Pievani descritto più sopra, ma con meno ironia e una punta di pedanteria. Libro comunque interessante e che porta sul frontespizio una splendida massima di Pasolini ("Il complotto ci fa delirare perché ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità") che è piacevole e convincente senza risultare fastidiosamente apologetico nei confronti dell'America di Bush. Una volta di più viene dimostrata la persistenza di ciò che risponde a desideri profondi e tenuti sullo sfondo, a scapito di una ricerca più sera e severa, che porta a conclusioni più drammatiche perché più precise. Se gli "attentati" non furono un inside job, una macchinazione orchestrata dagli stessi apparati USA, è pur vero che furono a tutti gli effetti usati come pretesto per un attacco già progettato, e certo non in base a considerazioni di nobile politica e di lungimiranza. L'unica cosa che non viene mai considerata è però l'orario stesso degli attacchi. Perché limitarsi a 3.000 vittime quando, un'ora dopo, sarebbero potute essere dieci volte tanto? Per fortuna non è andata così, 3.000 vittime sono una cifra enorme (eppure quanto più bassa di quelle causate nelle operazioni di guerra?), eppure mi pare un'occasione persa per i terroristi;

- Beowulf, anonimo poema del VII secolo d.C. Il più antico poema in una lingua "volgare" europea, racconta le storie e i combattimenti di Beowulf con i mostri, eroe dei regni scandinavi. Affascinante, spazio e tempo che scorrono lenti e geometrici, origine e frutto di leggende popolari mostra, come i miti greci, una stupefacente modernità simbolica e bellezza letteraria.

sto pensando:

- che per stasera devo smettere di scrivere;

- quali sono le relazioni tra l'evoluzione dell'uomo e la nascita della coscienza e della spiritualità? cioè, la vita spirituale, artistica, religiosa, quanto porta di vero e di falso, senza essere banali e grossolani? come può l'uomo credere nell'invisibile, sentire l'ignoto, sapendo o credendo di sapere che su questa third stone from the sun la vita si evolve di continuo, si può reinventare o estinguere in tempi che non sappiamo pensare, le visioni possono mutare...le eterne massime dei saggi di ogni tempo e luogo e la fragilità della vita...chiese che promuovono dèi narrati dall'homo sapiens che poi si rifiuta di pensare al domani, al mutare delle lingue, al possibile silenzio, al casuale binario sbagliato dalla Terra nella sua orbita invisibile....rimasticare in eterno le parole già dette senza interrogarle, questa parola miracolosa, che lavora sempre a contatto con l'interiorità magmatica dell'uomo e cerca di darne conto con dei suoni...

e buon appetito.

mediocrità e follia


dico, cominciamo bene, fin dal titolo (che, per inciso, è quello di una splendida raccolta di saggi di Hans Magnus Enzensberger, che non è un fabbricante di formaggi ma un poeta e intellettuale tedesco)
sì, cominciamo bene. questo, nelle mie intenzioni, voleva addirittura essere un post semibreve e con tratti umoristici, che, nella mia tendenza scrittoria inesorabilmente portata all'impegnativo, al riflessivo, sarebbe una quasi-novità
quindi basta introduzioni e cerchiamo di estrarre

è ricominciato l'anno, il vero anno dico, che è poi quello scolastico anche per chi a squola non ci va più. si comincia a lavorare veramente a settembre, perché le vere vacanze, per moltissimi, sono quelle estive, non quelle invernali, che non fai in tempo a riassorbire lo sfondo di panettone spumante e lenticchie che si agita dietro gli occhi che sei di nuovo davanti allo schermo luminoso del pc, che ti fissa imperscrutabile e ottuso come l'ultima volta. senza "che", capite bene, non si va da nessuna parte
e a settembre ricomincia tutto e, quel che è meglio, tutto insieme.
palestra nuoto ballo latinoamericano maneggio tennis corso di pittura scuola di musica seminari di cucina e degustazione vini corso di inglese francese spagnolo russo arabo corso di sub e nodi marinari per noi per i bambini per le nonne da scarrozzare.
e giù a compilare come ossessi le agende, gli organizer di carta o quelle su palmare per i più danarosi, ad incastrare fitness e visite ai parenti, bachata e poppate dei pargoli, la spesa la domenica alle 14, le pulizie notturne del bagno, l'aspirapolvere in camera il sabato mattina alle 6 tanto il vicino è sordo poi torno a letto dieci minuti, il cinema il mercoledì sera che c'è lo sconto e il sonno che divora lentamente le gambe salendo dai polpacci
situazione che, puntualmente, ci lascerà come stracci galleggianti sull'acqua a giugno quando, tutto insieme, finirà di colpo lasciandoci in balia dell'inestinguibile stanchezza di cui non ci eravamo accorti. per i più fortunati qualche strascico dovuto a manifestazioni collettive o "numeri speciali" fuori programma, aiuterà a lenire il senso di smarrimento.
beh, ci sono dentro anche io: musica due sere la settimana più eventuali concerti (scuola e gruppo), corso di musicoterapia venerdì sera e sabato bisettimanali, kung-fu due sere la settimana, cinema mercoledì, studiare e scrivere la notte, mentre lavoro, mentre dormo
ogni anno qualcosa di più, diamine, si vive una volta sola e non posso marcire in ufficio, no?
appena finito di delirare, mia moglie mi guarda perplessa
mi guardo nello specchio perplesso, io, fiero avversatore della baraccona "cultura del fare" gemella della "cultura dell'indifferenza"...
perché poi questi ingranaggi vivono di vita propria (come i cavi della chitarra che si annodano inspiegabilmente, ma è un'altra storia), e mi ritrovo a dover correre dietro all'orologio, a inveire nel traffico perché mi salta la coincidenza, a non rispondere al telefono perché "devo scappare"

e allora basta, in un - ennesimo - sabato di amaro esame di coscienza ho avvertito troppo chiaramente tutto il "fascismo" di questa vita organizzata al millesimo, di quel "fascismo delle cose" di cui parlava Pasolini nei suoi ultimi scritti (Scritti corsari e Lettere luterane) che con la loro semplice ma irremovibile e indubitabile presenza violentano la sensibilità di ognuno di noi. senso di inaridimento, tentativo di risolversi completamente in qualcosa o qualcuno, fuga (dalla libertà?)
l'eccesso di importanza dato al tempo finisce per rovesciarsi in schiavitù e annientarne la percezione, ma non misticamente, bensì brutalmente. i giorni non si perdono nell'intuizione di una fuggevole quiete, di una fragile bellezza non appena ci si sofferma ad osservare ed ascoltare, tra volti amici e passioni nobilitanti, ma vengono risucchiati in un rumoroso vortice, un maelstrom, una macchina da guerra per annientare il silenzio e lo spazio, per impedire di sviluppare una sensibilità al silenzio e allo spazio, condizione necessaria anche per pensare, senza la quale abbiamo tutti qualcosa da perdere: la comprensione, la cortesia, il rispetto, la pazienza, la salute. senza generalizzare troppo, per carità.

così, mentre qualcosa si appresta a cadere dalla mia agenda, domenica, complici i compleanni vicini di me e di uno dei miei fratelli, ho portato la famiglia a pranzo fuori (tutti insieme, fratelli, mamma, nipoti). direte, che c'è di strano, ci voleva tanto?...beh, sì. per noi è stata una novità, dopo anni di conflitti assurdi. per salvare la futura memoria, perché il tempo guarisce tutto, il tempo non dimentica, il tempo ferisce, il tempo assolve, il tempo chiama, il tempo non ascolta. sono le vite che scorrono, e vi risparmio altre massime. del resto, di ogni verità è vero anche il suo contrario.
shantih, shantih, shantih

lunedì 17 settembre 2007

comunicazione di servizio


qui sotto, superati due post, trovate la prima parte del mio racconto vacanziero
non comincerò più una bozza direttamente dal blog
documento word e copia/incolla
sempre più pentito di non aver preso un dominio con splinder, lì sembrano tutti maghi dell'informatica, cazzarola
vabbè, statemi bene

venerdì 14 settembre 2007

accompagnamento


Nutshell (di Alice in Chains)


We chase misprinted lies
We face the path of time
And yet I fight
And yet I fight
This battle all alone
No one to cry to
No place to call home

Oooh...oooh...
Oooh...oooh...

My gift of self is raped
My privacy is raked
And yet I find
And yet I find
Repeating in my head
If I cant be my own
I'd feel better dead

Oooh...oooh...
Oooh...oooh...

(una delle canzoni più strazianti, dolci e ipnotiche mai scritte, buon viaggio Joe/Josef)

la strada per altrove

martedì 11 settembre è morto Joe (Josef) Zawinul.
non sembri cinico il "sorvolare" sull'anniversario della tragedia del WTC di New York, per le vittime della quale provo infinita pietà, mista a forte critica per la politica americana, alla retorica dei paladini del bene contro il male blablabla, dell'attacco cialtrone a sorpresa quando vi sono quantità di motivi per dubitarne e adombrare la solita vecchia banale squallida smania di potere.
non sembri cinico il non menzionare la scomparsa del povero Luciano Pavarotti, di Big Luciano blablabla, già cibo per trafiletti e giornaletti, per popolino abbarbicato alla sua bara in cerca di comparsate e invasioni di campo visivo di celebrità più o meno vere. la sua dedizione alla musica speriamo sia l'unica cosa che resti davvero nel tempo.

ma la morte di Joe (Josef) Zawinul non è intrisa di menzogne e grassa di cibo per addomesticare e non saziare l'ignoranza. Joe è stato uno dei più grandi musicisti, pianista e compositore, del Novecento. non seguo quasi mai i telegiornali, ma nemmeno nelle rassegne stampa ho sentito la notizia. un sms di un mio amico bassista mi ha messo al corrente di quanto accaduto.
aveva 75 anni, miracolosamente, data la vita intensa ed eccessiva.
Joe è l'autore, mai troppo celebrato, di Birdland, brano addirittura famoso, sebbene l'unico.
Joe è intervenuto alla grande alla fine degli anni '60, dopo una carriera già di tutto rispetto, a New York già da una decina di anni piombatovi dalla sua Vienna dove è tornato per morire, scrivendo In a silent way per le sessioni di interminabile sperimentazione di Miles Davis. un capolavoro inaudito. ha suonato con praticamente tutti i più grandi musicisti jazz del secolo, è stato uno scopritore di talenti di prim'ordine, carattere difficile ma entusiasta, creativo al massimo grado.
Joe è stato fondatore, con Wayne Shorter, degli Weather Report, laboratorio di jazz, rock, di musica vera e vitale, padre, insieme a pochi altri, di quella fusion poi diventata tanto di moda.
Joe ha arricchito la vita di coloro che lo hanno incontrato e di chi, come me, più modestamente, ha potuto "solo" ascoltarlo, anche dal vivo, perché fino a pochi mesi fa, coi suoi Zawinul Syndicate, ha continuato ad esplorare e contaminare musiche e culture traendone armonie e provando instancabilmente ad accostare elementi tra di loro, alla faccia dei conflitti.
in coda alla sua musica, è andato via. ha provato a raccontarci qualcosa del mistero della vita.

grazie, e addio. senza applausi, please, il silenzio è musica.

mercoledì 12 settembre 2007

malta è/1

innanzitutto un'isola (cominciamo dalle basi), un curioso concentrato di storia e arte, che pervade la vita quotidiana dei maltesi (e non solo, pensate a quante volte si sente parlare del famoso Ordine dei Cavalieri di Malta, a quanto spesso si vede l'omonima croce, al Falcone Maltese, a Corto Maltese, mentre invece la razza canina e il cognome Maltese pare derivino da una località siciliana e non dall'isola), i quali del resto danno un'importanza molto relativa al loro patrimonio culturale, se non dal punto di vista turistico.

in realtà non sapevamo bene cosa aspettarci da questo viaggio, a parte una banale speranza in un paio di giorni di sole/mare di adeguato livello e capire qualcosa di più sull'Ordine. ed è stata invece una continua sorpresa.

l'aeroporto si trova nella zona sud dell'isola principale. perché Malta è anche un arcipelago, che si compone di Malta, appunto, e di altre due isole più piccole, Gozo - nota come Isola di Calipso, perché secondo la leggenda si tratta dell'abitazione dell'omonima ninfa dell'Odissea che tenne prigioniero per sette anni Ulisse - e Comino, piccolissima e selvaggia a parte un mega hotel, dove si trovano le spiagge più belle e le insenature più incantevoli.

atterrati, cerchiamo, dietro suggerimento della guida tascabile, l'autobus numero 8 che porta a La Valletta, la capitale. la guida è all'inglese, gli autobus sono caratteristici, vetture che sembrano delle automobili anni '50 troppo cresciute, anche se qualche bus stile ATM (o ATAC se preferite) si comincia a vedere. il viaggio fino alla capitale è breve, del resto Malta è lunga una trentina di chilometri, ma quasi un miracolo è stato essere usciti illesi dal percorso: strade strettissime e dissestate, asfalto liscio che sembra un LP in vinile, traffico spumeggiante, uso generoso dei clacson, fermate invisibili - la gente sale e scende dallo sportello sempre aperto del bus, tirando una corda fissata al tetto del mezzo, collegata direttamente ad una campanella sopra l'autista, in punti che poi ho imparato a riconoscere dai segni stradali - e la proverbiale scortesia degli autisti. i maltesi sono generalmente gentili e ospitali ma, ragazzi, gli autisti vi faranno sentire gli ultimi degli imbecilli. quindi limitatevi a chiedere la destinazione e niente più, anche così otterrete mugugni, occhiatacce e rimproveri in lingua malti, un dialetto arabo incomprensibile. con qualche rara eccezione.

ci si trova proiettati in un'altra dimensione, molto ricorda il nostro sud: i fichi d'India (che però a Malta raggiungono dimensioni incredibili), muretti che separano i terreni per evitare l'erosione dovuta al vento, presenza fissa dell'isola che non è per nulla montuosa, caldo afoso, case e costruzioni che sembrano incompiute ed invece sono abitate, e molto, molto rumore.

da lontano, non si distinguono i confini tra le città, è tutta una grande distesa di costruzioni in tufo, tonalità sfumate di beige, ammassate senza soluzione di continuità come in un Lego impazzito.

arriviamo a La Valletta, patrimonio dell'umanità secondo l'Unesco. a ragion veduta.
la stazione degli autobus, di tutti gli autobus, è appena fuori delle mura, un grande piazzale circondato di bancarelle, un mercato permanente dove si vendono bibite ghiacciate - davvero ghiacciate, si rischia la congestione - e ogni sorta di dolciumi e stuzzichini salati, i pastizzi.
la cittadina, che conta circa 17.000 abitanti, è situata sulla lingua di roccia al centro della baia chiamata Grand Harbour, dalla forma vagamente somigliante ad una W. Progettata a tavolino, costruita in circa cinque anni, è scavata nella pietra e degrada precipitosamente verso il mare. Come gli orologi molli di Dalì, le strade si accasciano, nel loro asfalto lucido che fa stridere le ruote, come una giostra o uno scivolo, lasciano vedere in fondo l'azzurro dell'acqua, e il loro reticolo perfetto gioca con le prospettive e i suoni, città militare, macchina da guerra perfetta, oggi prezioso giocattolo barocco riadattato. L'effetto principale e percepibile è forse questo: la strada centrale, Republic Street (le targhe delle vie e piazze sono bilingui, in inglese e malti, dove "street" è scritto triq, facile no?) scorre all'inizio pianeggiante, poi, davanti al Palazzo del Gran Maestro, si avverte la sensazione di essere su una terrazza, la strada si piega verso il basso e corre verso Fort S.Elmo, la punta fortificata della città e dell'intera baia, rasa al suolo durante il famoso assedio e ricostruita più possente di prima, mentre le strade laterali sono inghiottite dalle case e scivolano anch'esse verso le mura sul mare. Dal mare la vista è impressionante, la baia sembra una cintura di pietra, riflessa nel blu intenso dell'acqua, con spigoli e guglie, case basse, anche se sullo sfondo si vedono gru e palazzi segno dei tempi.
il nome della città, in italiano, è un onore reso al Gran Maestro dell'Ordine Jean de La Valette, trionfatore del Grande Assedio del 1565, quando i maltesi, dopo quattro mesi di durissima battaglia sotto la sua guida, riuscirono a respingere gli ottomani di Solimano II, guadagnandosi l'appellativo di ultimo baluardo della cristianità. egli incominciò la costruzione della città nel 1566, sulle rovine dei precedenti insediamenti. al Louvre si può ammirare la sua spada di rappresentanza tempestata di pietre preziose, importata da Napoleone che nel 1798, durante il tragitto verso l'Egitto dove lo aspettava la Stele di Rosetta, pensò bene di fermarsi a Malta e conquistarla "pacificamente" saccheggiando anche i tesori dell'Ordine, cacciando Ferdinand Von Hompesch, che divenne l'ultimo dei Gran Maestri residenti sull'isola. da allora l'Ordine dei Cavalieri di Malta non è più riuscito a ristabilirsi sull'isola, e dal 1834 ha sede in Roma.
Al museo parrocchiale di Vittoriosa (Birgu), l'altra importante e splendida cittadina che si affaccia sul Grand Harbour, restano, in una vetrina, il cappello e la spada da battaglia (poco più - o poco meno - di una scimitarra) del povero La Valette. Il dominio francese resistette ben poco. Resisi ben presto invisi agli indigeni, in capo ad un paio di anni, trascorsi quasi in stato di assedio (poca fantasia, ma è che l'isola si presta...), vennero allontanati dagli Inglesi, intervenuti in aiuto dei maltesi. e che rimasero fino al 1979.
Comunque è certo che farete in fretta a non poterne più di volantini e pubblicità su musei e spettacoli interattivi, sui Cavalieri e il Great Siege distribuiti da ragazzi e ragazze in costumi pseudoantichi in ogni luogo degno di visita. In tempi di vere e false guerre di religione, i Cavalieri tirano parecchio...

Dal 1571 La Valletta è la capitale dell'arcipelago, al posto di Mdina, che oggi è una piccola enclave fortificata nel centro di Malta, inglobata dalla più grande Rabat. Mdina tuttavia, pressoché disabitata e perfetta nei lineamenti e nelle costruzioni, emana un fascino suadente, oltre le comitive di turisti si avverte comunque la tela bianca dello sfondo, si percepisce più forte la provvisorietà delle presenze umane, tanto che più volte mi sono sopreso a veder emergere dei caffè o dei ristoranti affollati oltre le curve delle strette vie e degli alti palazzi. battuta dal vento, la città silenziosa rivela una natura fatta di calma metafisica, di bougainvillee fucsia che, rigogliose e mute, sembrano dipinte sulle facciate delle dimore linde e chiuse, mostra un'eleganza altera, fino a sembrare un mistero senza segreti. l'inquietudine qui è quella della conoscenza, del senso avvertibile del tempo e dello spazio, del vuoto, non dell'ignoto.

ma sto divagando.
La popolazione di Malta comunque, nonostante i nomi arabi anche delle cittadine, è profondamente cristiana cattolica, da sempre, potremmo dire. I profili delle cittadine sono punteggiati di campanili barocchi, in ogni autobus abbondano le immagini del Sacro Cuore di Gesù, madonne di vario genere, rosari. Una piccola curiosità, a Mdina si trova la cattedrale di San Paolo, poi, una volta cambiata capitale, a La Valletta la chiesa di San Giovanni è stata "battezzata" co-cattedrale...
San Giovanni è un santo molto venerato, per l'ovvia presenza dei Cavalieri, il cui lungo nome completo comprende la definizione di "Ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme" e San Paolo gli contende il primato, grazie alla leggenda biblica del suo naufragio proprio sulle coste maltesi, cui sono dedicate molte chiese (St. Paul's Shipwreck). Il luogo è stato individuato a nord de La Valletta, in quella che appunto oggi si chiama St. Paul's Bay, e che, per chi è abituato alle spiagge o agli scogli italiani e a dispetto del nome altisonante, fa una ben misera figura, riscattata soltanto dall'acqua come sempre cristallina. odore di piscio, auto abbandonate sotto i ponti, cartelli e lettini accatastati.

(fine, casuale, della prima parte....)

lunedì 10 settembre 2007

(auto)ritratto a settant'anni (o la cosa chiamata poesia/8)

l'è dvent vècc ansugnénd
sal grécce m'i occ, i cavéll bienc
e una pènza isé

mo u s'arcorda ad tòtt,
d'la su voia ad fè qualcosa d'impurtent
quant ch'e stèva d'agli ore a lègg te scur
curènd dri ma cla vosa
ch'u i giva ch'un era mai abastènza

c'la mulìga d'amor ch'u i è arvènz
u i fa piò mel che mai,
adés al vose l'in li sent piò
dasdèin me sol senza i ucèl:
u n'i vò, e dis ch'u i ved ancora

(è diventato vecchio sognando,
con le pieghe ai lati degli occhi, i capelli bianchi,
e una pancia così

ma si ricorda di tutto
della sua voglia di fare qualcosa di importante
quando stava per ore a leggere al buio
inseguendo quella voce
che gli diceva che non era mai abbastanza

quel poco di amore che gli è rimasto
gli fa più male che mai,
adesso le voci non le sente più
seduto al sole, senza gli occhiali:
non li vuole, dice che ci vede ancora bene)

venerdì 7 settembre 2007

grasse risate (o memoria corta/3)

il ministro Padoa-Schioppa (secondo alcuni premiati speaker: Padova-Schioppa) compila il libro verde (ai ministri piace colorare i libri, pare, come ai bambini) sulla situazione della spesa pubblica. si spende tanto e male. pare si dica. primo requisito per spendere meglio è sapere come si spende. sembra si vociferi. altrimenti si rischiano inqualificate proteste fiscali. ormai si paventa. quindi occorre conoscere per riqualificare la spesa e promuovere la crescita. sillogisticamente si conclude.

tralasciando di opinare sul solito intoccabile presupposto tacito che sia obbligatorio crescere, che la crescita sia sviluppo, proiettata in avanti, che si misuri in rating e percentuali, che l'organismo economico possa permettersi crescite indefinite e secondo questi parametri, il ministro (non per primo, e nemmeno per ultimo, ahimé, penso) tra le righe dice: spariscono fiumi di soldi prima che abbiano uno straccio di impatto sulla realtà nazionale e non ho la minima idea di dove cazzo finiscano, i ministeri si guardano bene dal dettagliare le spese (vedi l'Espresso di settimana scorsa), i pochi che pagano le tasse e ancor più i molti che non le pagano sono pronti a manifestare pubblicamente il loro fastidio, basterebbe anche solo uno squallido e sfiatato incoraggiamento di un uomo senza dignità; non ha senso racimolare soldi per buttarli via subito dopo, meglio vedere che strade percorrono prima di accumulare tesori e/o tesoretti da dare in pasto ai soliti noti. forse per "crescere" basterebbe avere un'idea veritiera della situazione e prendersi cura di territorio e cittadini, invece di investire in "attività produttive" solo sulla carta, e a volte nemmeno su quella.

infine. direttamente da "La famiglia Passaguai", di e con Aldo Fabrizi, anno 1951, prima uscita della meritoria iniziativa di raccogliere in dvd parte della cinematografia del grande Aldo:
"Ho la faccia del contribuente che quando paga le tasse dichiara il suo vero reddito?"
detta dal direttore - milanese - della ditta - romana - in cui Fabrizi lavora.
auguri.

martedì 4 settembre 2007

libere associazioni (o piccolo nonsense/2)

spengo la luce, la stanza nella penombra polverosa, i faldoni pieni di documenti coprono il vetro smerigliato, musica, spengo la macchinetta del caffè equo-solidale
fuori è una serata splendida, come splendido è stato tutto il giorno
una giornata ventosa e soleggiata, appena fuori milano
le amo, le giornate così, le amerei ancora di più se potessi stare all'aperto, ma tant'è
il vento mi fa capire una volta di più che il tempo si è fermato, che non esiste, che gli odori portati nell'aria sono eterni, fiori, concime, benzina, carni arrostite, fino a sentirmi senza età, invincibile, immortale, o mortale e felice, se proprio non c'è alternativa
sarà che domani è il mio compleanno
e la cosa non mi deprime affatto

ripenso alla vacanza da poco finita, all'isola di Malta, giunonica, debordante, magnetica con le sue acque di vetro salato, slabbrata nel suo caldo torrido a tutte le ore di scirocco, ubriacante nelle sue donne ricche, tigri addormentate, e la sua lingua di frontiera con l'arabo, eppure eterea nei suoi colori chiari, nei deserti improvvisi oltre gli agglomerati disordinati di case e autobus traballanti, nelle notti silenziose circondata dal mare
ripenso al condizionatore della camera d'albergo, che mi ha svegliato nel cuore della prima notte a La Valletta, mentre stava pisciando acqua come un putto indemoniato, o una cavalla ubriaca, sull'armadio pieno e nonostante i tre asciugamani buttati lì non riuscivo a dormire pensando alla legionella, il terribile batterio che si annida nelle acque stagnanti e che due anni fa si portò via in una manciata di giorni il padre del mio migliore amico
con gli occhi sbarrati, nel buio artificialmente fresco, rimuginavo l'imbecillità e la dolcezza della mia strana paura, la stanchezza insonne mi impediva di pensare alle visite programmate per la mattina, solo un lumicino la viva memoria dell'amicizia

piccolo nonsense

un impiegato della banca agricola mantovana ha appena tentato di farmi un'intervista telefonica.
credeva fossi un loro cliente.
aveva trovato il mio nominativo nella pratica di un fallimento.
non sapeva come tirare fino alle sei.
e l'attentato alla mia scarsa concentrazione è perfettamente riuscito.

non c'è niente da fare. la prova del nove per una pizza è mangiarla fredda.
non c'è niente da fare.

lunedì 3 settembre 2007

memoria corta/2 (o la cosa chiamata poesia/7)


cus c'la dirà la genta ad me
quant c'a gni sarò piò?
a ne sò, a ne pus savé,
mo a me l dmand l'istés
cum se a fe isé a pudés truvé
c'la verità c'la m darìa pèsa
e che da par me an so bon ad scuvrì.


(cosa diranno di me
quando non ci sarò più?
non lo so, non posso saperlo,
ma me lo chiedo lo stesso
come se facendo così potessi trovare
quella verità che mi darebbe pace
e che da solo non riesco a scoprire.)


ed eccomi all'appello. praticamente mancavo solo io...
mi ri-presento con una delle molte poesie dialettali che ho scritto in vacanza.
molte per uno come me che non scrive a fiumi, e che da tempo taceva, gonfio come una bolla di sale, acre come la terra rossa, echeggiante in lontananza ma senza flussi né respiro.
il dialetto, ancora una volta, mi ha salvato. romagnolo nella variante riccionese.
per ora prendetela così, sinteticamente. spero vi piaccia.