mercoledì 18 luglio 2007

interno d'ufficio con gatta


di nuovo, allo scoccare delle 18, l'ufficio ritrova quella dimensione intima rimasta latente nel corso della giornata bollente, sovrappopolata e mediamente frenetica. la gatta si avvicina e salta sulla scrivania, in modo da poter incrociare il leggero moto d'aria del ventilatore, e si predispone alle pulizie sistemandosi nella cassetta dei documenti, mentre ticchetto sulla tastiera un po' per finire il lavoro - che con la temperatura tende a rammollirsi e ad allungarsi come una gomma da masticare attaccata alla suola delle scarpe - e un po' per scrivere, cercando di non pensare alla mosca che ostinatamente si posa ovunque, senza accorgersi di guastare tutta la poesia del momento. mah.
non smetterei mai di ascoltare nutshell degli alice in chains, lenta e ipnotica, una confessione straziata ma che non riesco a definire banalmente "triste". è vera, ispirata, traboccante d'amore e di pena. si addice perfettamente alla foto qui accanto, scattata da me dall'ultimo piano del Centre Pompidou, nel gennaio 2006.

venerdì 13 luglio, concerto del trio capitanato da Keith Jarrett in piazza della loggia a Brescia.
sullo strascico polemico dovuto all'accaduto ad umbria jazz non mi soffermerò. in rete esiste abbastanza documentazione per farsene un'idea. aggiungo solo che jarrett ha colto l'occasione in questo nuovo concerto, secondo molti, per recuperare gli eccessi donando ben tre bis al pubblico che comunque affollava la piazza.
il viaggio è stato mostruoso, il tratto di A4 è funestato da lavori in corso, un numero di camion impressionante, e l'altissima maleducazione degli italiani al volante ha fatto il resto...tre ore per percorrere il tratto milano-brescia ovest. quindi, graziati almeno nella ricerca del parcheggio, io mia moglie e mio cognato ci siamo fiondati a passo di marcia verso la piazza transennata e picchettata da odiosi sorveglianti che, a concerto già (appena) iniziato, non si sono lasciati impietosire ed umanizzare dal nostro trio vagabondo sventolante i biglietti, per evitare di circumnavigare l'oblungo centro cittadino verso l'ingresso ufficiale ormai deserto...ma tant'è, i posti erano già occupati in rigoroso disordine, quindi, culo a scacchi e orecchie spalancate sulle gradinate. finalmente l'aria fresca, finalmente la piazza silenziosa, le teste accarezzate solo dalle note libere danzanti emanate, letteralmente, dai tre musicisti in unione mistica sul palco. già, i tre musicisti: Keith Jarrett al pianoforte, Gary Peacock al contrabbasso e Jack deJohnette alla batteria. livelli assoluti, un concentrato di storia del jazz e della musica del novecento. un momento da raccontare ai figli ed ai nipoti per chi, come me, a causa di un'età comunque troppo giovane, gran parte dei geni li può e li ha potuti ascoltare solo in registrazione.
il raccoglimento del pubblico mi ha sorpreso, l'attenzione, il respiro. l'unico semaforo della piazza continuava a sgranare le successioni di verde e rosso, ipnotico, finché un velo nero stesovi sopra da qualcuno ha trasformato la piazza in una camera da letto, abat-jour smorzata. le logge appena illuminate, nobili e antiche architetture, una in particolare pareva abitata da eletti a suggerire feste cene e sensualità languida e sfrenata, mentre i fortunati abitanti delle case stavano sui balconi e alle finestre ad assorbire il canto della sera.
la purezza non sterile dei suoni, seguire con la mente e il corpo lo snodarsi delle strade scovate dal genio ispirato, gustare le differenze tra il pianoforte libero di scandire e trasformare temi noti secondo un altro tempo, di precipitare in assoli distillati e cristallini oppure gorgoglianti di anse e cascate, e il contrabbasso logico e melodico, rigoroso e libertino dalla voce pastosa, mentre piatti e tamburi porgevano lo scalino al momento giusto per spiccare il volo o riposarsi a terra un istante. la mia pelle sussultava e ondeggiava come fosse stata d'acqua. forse lo era davvero. quella musica è diventata parte di me, della mia confusione e della mia gioia, che in questi giorni mi perseguitano. di più è difficile dire.

8 commenti:

virginie ha detto...
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virginie ha detto...

il solo pensare keith jarrett e compagni in piazza della loggia mi dà un fremito. mai visti, meglio sentiti magari, all'aperto. solo in teatro. fantastici, ma certamente meno magici. (la luce abat-jour del semaforo coperto, poi: irripetibile)

Gianluca ha detto...

eh già. ti assicuro che è stata un'emozione straordinaria, onirica. se puoi e ti capita qualcosa di simile, non perderteli!

Anonimo ha detto...

riuscirà la nostra eroina a palesarsi tra i commenti?
mmm
michella

Anonimo ha detto...

si!
grazie per il linkete.
mo ti rilinko.
bravo.
rimichella

Gianluca ha detto...

grazie, e benvenuta. prometto di guardare una puntata della serie tv di cui fai parte. comunque basta il tuo blog a renderti simpatica e interessante!

Anonimo ha detto...

caro guitar
mi è piaciuta la tua memoria sulla serata bresciana. mi hai fatto notare la meraviglia del silenzio della piazza non appena i magnifici tre hanno comunciato a suonare.
e ti ringrazio per il passaggio da me.
ti ho scritto:

ciao guitargian
sono contento che anche tu eri a brescia quella sera
hai ragione: peacock e dejohnette meritano una menzione speciale.
ne terrò conto nel testo che sto scrivendo
grazie
arileggerci

e buoni giorni di vacanza.

Gianluca ha detto...

grazie a te, e buona permanenza nel "buen retiro".
a presto.